Il termine PAPA comincia a diffondersi in Occidente nel V secolo con riferimento al vescovo di Roma.
Contemporaneamente il papato, con Leone Magno, comincia a rivendicare il ruolo di capo supremo della Chiesa, superando un modello che vede il papa equiparato agli altri vescovi.
Se da un lato il prestigio papale nell’età tardo-antica effettivamente aumenta, anche per la difesa della città di Roma di fronte alle mira longobarde, dall’altro la rivendicazione di Leone Magno non riesce però a concretizzarsi nell’immediato.
Un salto di qualità comincia a profilarsi dall’VIII secolo, quando si forma il primo nucleo dello Stato della Chiesa, e quindi la nascita del potere temporale dei papi.
Altro passaggio è rappresentato dal fatto che nell’anno 800 papa Adriano I incorona Carlo magno imperatore dei Romani: così facendo il papato si attribuisce il ruolo di consacrare gli imperatori e quindi vedersi riconosciuta una più estesa autorità.
Proprio tale autorità genera però uno scontro con la figura dell’imperatore che cerca di condizionare l’elezione papale, prima con la Constitutio romana (824), poi soprattutto con il Privilegium Othonis (962)
La formazione del potere temporale del papa e la sua rivendicazione di un potere universale sulla Chiesa, portano il papato ad uno scontro prolungato con i vescovi dell’impero bizantino, che si rifiutano di riconoscere al papa il primato rivendicato. Questo scontro porta nel 1054 allo Scisma d’Oriente, ovvero la separazione fra Chiesa occidentale e Chiesa orientale.
La scissione, se da un lato produce una separazione nella Chiesa, dall’altro ha l’effetto di chiarire il pieno primato del papa all’interno della Chiesa.
A questo punto i pontefici iniziano a lavorare per garantirsi la fine della subordinazione dall’imperatore. Nel 1059 Niccolò II decreta che la designazione del papa avvenga per mano del collegio dei cardinali, senza intromissione imperiale. Nel 1274 con il Concilio di Lione viene stabilita la prassi, ancora attuale, del conclave, per bloccare ogni possibile intromissione esterna.
Questa ridefinizione corre parallela allo sviluppo della cosiddetta lotta dei poteri universali, appunto Chiesa e Impero, che rivendicano il ruolo di massima autorità all’interno del mondo cattolico. In questa fase l’incremento del potere papale si riscontra nel protagonismo della stagione delle crociate o anche nell’attivismo nella lotta alle eresie, che porta alla creazione di strumenti come il Tribunale dell’Inquisizione.
Mentre la lotta con l’imperatore declina nella seconda metà del XIII secolo, il papato si trova a dover lottare per la propria autorità contro la monarchia francese. Nel 1302 papa Bonifacio VIII emana la bolla Unam Sanctam con cui riafferma la supremazia del papa su ogni potere temporale, ma esce sconfitto dallo scontro con il re di Francia.
Questa sconfitta comporta il trasferimento della sede papale da Roma ad Avignone nel 1309. Questo periodo, detto della cattività avignonese, inaugura una lunga fase di crisi del papato. Fino al 1377 la sede rimane ad Avignone e il papa è sottoposto all’influenza francese. In seguito al ritorno a Roma la Chiesa si divide però in due, con un papa che si stabilisce a Roma e un altro che rimane ad Avignone. Questo scisma si chiude solo nel 1417 con il Concilio di Costanza che riunifica la Chiesa.
Superata questa lunga fase di crisi, i pontefici del periodo rinascimentale avviano un processo per rafforzare politicamente il ruolo dello Stato della Chiesa. Fra questi il più attivo è papa Giulio II (1503-1513) – “il papa-guerriero” -, protagonista della prima fase delle guerre d’Italia, una fase che va dal 1494 al 1559 e che vede la penisola oggetto di scontri per la supremazia che coinvolgono potenze straniere come la Francia e la Spagna.
Questo rinnovato attivismo del papato non si traduce però in una maggiore stabilità del suo potere, che anzi nel Cinquecento subisce una fortissima contestazione che porterà al dilagare di riforme protestanti come quella di Lutero e quella di Calvino, che producono fine dell’unità della Chiesa cattolica e l’avvio di un’intesa stagione di guerre di religione.
Per provare a ristabilire l’ordine, nella seconda metà del Cinquecento il papato dà avvio alla cosiddetta Controriforma, ovvero l’adozione di misure per limitare la diffusione delle riforme protestanti.
Dal XVIII secolo il peso politico del papa nel quadro europeo comincia a subire un graduale ma inesorabile declino, di fronte al solidificarsi del potere politico da un lato e al processo di declino della cultura religiosa dall’altro.
Alla fine del Settecento comincia a vacillare pericolosamente anche il potere temporale del papa sullo Stato della Chiesa. Il papa viene estromesso dal potere fra il 1798-99 con la nascita della Repubblica Romana sotto la spinta degli eserciti rivoluzionari francesi. Poi con l’annessione dei territori della Chiesa all’impero napoleonico nel 1809. Poi ancora per alcuni mesi nel 1849, con la Repubblica Romana costituita nell’ambito dei moti risorgimentali.
Durante le guerre risorgimentali lo Stato della Chiesa vede restringersi i suoi confini, fino a che le truppe italiane nel 1870 conquistano Roma e mettono fine alla storia millenaria dello stato pontificio.
Un parziale recupero del potere temporale si è avuto con la costituzione dello Stato Vaticano nel 1929, con i patti Lateranensi voluti da Mussolini, che garantiscono la piena indipendenza papale. I Patti sono accompagnati da un Concordato che assicura un ruolo preminente alla Chiesa cattolica nella vita civile italiana, anche per questo i termini del Concordato sono stati riformulati nel 1984.
La perdita del potere temporale si è inizialmente accompagnata ad una forte chiusura del papato rispetto ai temi imposti dalla modernità. Nel 1864 con l’enciclica Quanta cura papa Pio IX produce una condanna di tutte le ideologie che si stanno diffondendo nell’età a lui contemporanea. Lo stesso Pio IX è protagonista della promulgazione, nel 1870, del dogma dell’infallibilità papale nel trasmettere i principi del messaggio cristiano.
Una prima svolta, rispetto al rifiuto del confronto con la modernità, arriva con papa Leone XIII che nel 1891 pubblica l’enciclica Rerum novarum con cui indica un nuovo approccio cattolico ai temi sociali imposti dalla modernità.
Un più radicale cambiamento arriva dopo la seconda guerra mondiale. Un primo protagonista è papa Giovanni XXIII (1958-1963) che inaugura il Concilio Vaticano II con cui la Chiesa ridefinisce il suo ruolo aprendosi al dialogo con le maggiori problematiche sociali che si manifestano nell’epoca nuova, come l’ingiustizia sociale sia fra classi che fra popoli, il problema della guerra nucleare, la dignità della persona rispetto al progresso economico, il superamento della dottrina della “guerra giusta”.
In generale dalla seconda metà del Novecento il papato ha cercato di ritagliarsi un ruolo più dinamico rispetto ai grandi problemi della società contemporanea, provando a rendersi protagonista di un maggiore dialogo interreligioso con forte attenzione soprattutto alla questione della pace.