1. Vita e opere
Nasce a Rocken nel 1844. Il padre è un pastore protestante.
Nel 1850 si trasferisce a Naumberg in seguito alla morte del padre.
Nel 1864 inizia gli studi di filologia.
Nel 1869 ottiene la cattedra di lingua e letteratura greca a Basilea, dove entra in contatto con Wagner, di cui diventa fervente ammiratore.
Nel 1872 pubblica La nascita della tragedia, negli anni successivi le Quattro considerazioni inattuali. Inizia la produzione giovanile di Nietzsche, segnata in maniera particolare dall’influenza del pensiero di Schopenhauer e dell’arte di Wagner.
Nel 1788 con la pubblicazione di Ecce homo inizia la cosiddetta fase intermedia della sua produzione, segnata dalla fine dell’influenza di Schopenhauer e Wagner e la rottura dell’amicizia con quest’ultimo.
Nel 1879, segnato dai problemi di salute, lascia l’insegnamento universitario e inizia a viaggiare fra diverse città europee.
Nel 1882 pubblica La gaia scienza in cui viene prodotto il celebre annuncio della morte di Dio.
Nietzsche in questi anni comincia a manifestare segni di depressione, nella delusa speranza di acquisire fama per il suo pensiero filosofico e per il rapporto molto conflittuale con la madre e la sorella.
Nel 1883 inizia la pubblicazione di Così parlò Zarathustra. Con questa opera inizia l’ultima fase del suo pensiero segnata da un lato dalla presentazione della figura dell’oltreuomo, dall’altro dall’applicazione del metodo genealogico, con opere come Al di là del bene e del male (1886) e Genealogia della morale (1887).
In questi stessi anni si trasferisce a Torino, dove inizia a dare segni di squilibrio mentale che diventano manifesti nel 1889.
Nel 1897, ormai in preda alla follia, finisce sotto la custodia della sorella. In questa fase Nietzsche ha raggiunto la celebrità tanto agognata, ma a causa delle sue condizioni ne è inconsapevole.
Nel 1900 muore a Weimar.
2. La filosofia del martello e la filosofia del giorno
Le varie opere di Nietzsche non danno vita ad un sistema filosofico unitario e coerente e le varie pubblicazioni non seguono un filo programmatico. Inoltre la sua scrittura è spesso allegorica, il che richiede un notevole sforzo di interpretazione e quindi apre la strada a letture diverse.
Al di là di queste difficoltà di interpretazione e messa a sistema dei vari scritti, possiamo dire che al cuore della riflessione di Nietzsche vi sia la critica alla cultura occidentale da un lato e la volontà di costruire un pensiero filosofico alternativo dall’altro.
Per quanto riguarda il primo aspetto è lo stesso Nietzsche a usare un’immagine quella del filosofare col martello: con questa immagine metaforica vuole sottolineare che occorre distruggere le basi della cultura occidentale. Queste sono quattro in particolare:
1. L’esaltazione della ragione come conseguenza dell’affermazione dell’impulso apollineo
2. La costruzione di una visione metafisica che ha tolto consistenza al mondo terreno
3. La costruzione di una morale comune fondata su concetti come la rinuncia, il risentimento e l’egualitarismo
4. L’idea che si possa costruire una conoscenza oggettiva della realtà
Queste false costruzioni culturali hanno gettato la cultura occidentale nella sua decadenza e quindi, metaforicamente, nella notte.
Nietzsche di fronte a questo vuoto si propone di creare nuovi valori filosofici. Quindi, sempre metaforicamente, si propone di costruire la filosofia del giorno, ovvero della nuova éra della cultura.
I pilastri di questa costruzione sono:
1. L’annuncio della morte di Dio
2. La filosofia dell’oltreuomo
3. Impulso apollineo e dionisiaco
La prima opera di Nietzsche è un trattato filologico che si concentra sull’arte greca: La nascita della tragedia dallo spirito della musica.
In questa opera Nietzsche vuole ribaltare l’idea che l’arte greca si fondi su uno spirito classico, razionale ed armonico.
Secondo il filosofo nello spirito greco coesistono due impulsi:
-l’impulso apollineo che è legato alla bellezza della forma, al gusto per l’equilibrio, all’attrazione per il finito, alla ricerca della serenità
-l‘impulso dionisiaco che è legato viceversa alla ricerca del caos, all’attrazione per l’infinito divenire delle cose, uno spirito segnato da sentimenti come l’inquietudine e l’ebbrezza.
Questo discorso artistico ha però anche una valenza filosofico-culturale: l’impulso apollineo è il cercare di dare forma e ragione al caos del mondo, mentre l’impulso dionisiaco è accettare la tragedia dell’esistenza e abbandonarsi alle pulsioni vitalistiche.
Secondo Nietzsche la massima espressione dell’arte greca sono le tragedie di Sofocle ed Eschilo, i quali riescono a coniugare la coesistenza dei due impulsi.
A partire dalle opere di Euripide inizia però la decadenza, in quanto Euripide espelle l’impulso dionisiaco e ricerca solo quello apollineo: le sue opere acquistano così un carattere didascalico ed ottimistico.
Secondo Nietzsche questa decadenza è legata all’influsso filosofico del pensiero socratico che si fonda sulla connessione fra bene e ragione e dunque sul rifiuto del vitalismo degli istinti.
Il discorso artistico di Nietzsche si fa così filosofico: a partire da Socrate la cultura occidentale accoglie solamente l’impulso apollineo e sopprime quello dionisiaco. Inizia quindi con la filosofia socratica la lenta decadenza della cultura occidentale che espelle l’irrazionale e il caos dal suo orizzonte, nega le passioni umane e dunque l’uomo stesso, e si afferma come tentativo illusorio di ridurre l’esistenza a ragione e senso.
4. La metafisica
La soppressione dell’impulso dionisiaco, contestata da Nietzsche, è secondo il filosofo soppressione della natura più profonda dell’uomo. In altri termini, è rifiuto dell’uomo in quanto tale.
Questa soppressione dell’impulso dionisiaco viene portata all’estremo limite dalla cultura occidentale con la costruzione di un impianto filosofico metafisico, che dunque presuppone l’esistenza di un piano superiore a quello naturale.
Questa costruzione filosofica ha un impatto culturale molto profondo: il suo risultato infatti è la svalutazione del mondo e dell’uomo a favore di un piano metafisico ideale. In pratica, la metafisica da un lato definisce il mondo terreno come inautentico, dall’altro costruisce un mondo al di là che viene definito autentico. Il “mondo vero”, per usare un’espressione di Nietzsche, non è dunque quello in cui viviamo ma quello metafisico.
Nietzsche ripercorre l’intera storia culturale occidentale e individua le tappe di questo processo:
1. Il primo colpevole è Platone, non a caso allievo di Socrate, che costruisce il primo vero sistema metafisico con la teorizzazione del mondo delle idee e sostiene che solo i saggi possono accedervi
2. Il secondo momento è il cristianesimo, che pone l’aldilà come unico scopo dell’esistenza umana e indica che solo coloro che non peccano potranno accedervi
3. La terza frattura arriva con Kant che con la teorizzazione della distinzione fra fenomeno e cosa in sé rende il mondo metafisico addirittura solo ipotizzabile e raggiungibile solo nella dimensione dell’obbedienza alla legge morale.
5. La morale
La colpevolizzazione dell’impulso dionisiaco da un lato e la svalutazione del mondo terreno dall’altro hanno come conseguenza la costruzione di una morale falsa e opprimente.
Da questo punto di vista i problemi secondo Nietzsche sono due.
Il primo è che la cultura occidentale si è sempre data una legge morale, non ponendosi neanche il problema del suo fondamento. I valori della morale sono sempre stati fatti derivare da un qualche ordine superiore, da un piano ideale, ma qui vi è secondo Nietzsche la grande menzogna: la morale non è altro che una costruzione dell’uomo stesso. Qui riecheggia la lezione di Feuerbach, il quale denuncia che è l’uomo a creare le divinità e poi a sottomettersi alle loro leggi.
Nietzsche riassume questo principio con la frase: “dove voi vedete cose ideali, io vedo cose umane, troppo umane”. In pratica, quello che dice il filosofo è che è l’uomo stesso che vuole costruire un certo tipo di società e proietta su un ordine superiore i valori morali che poi decide di seguire.
Il secondo problema, secondo Nietzsche, è poi l’evoluzione stessa della morale. Durante l’età antica vige quella che viene definita la morale dei signori, i cui valori sono la forza, la fierezza, la passione. In pratica la morale di chi dice sì alla vita e al mondo.
A questa si sostituisce però la morale degli schiavi, i cui valori sono il disinteresse, l’umiltà, il sacrificio di sé. Nietzsche la definisce anche morale del risentimento: essa infatti è prodotta dalla massa degli ultimi, dei deboli inferiori, che fanno valere il loro numero sui signori, ovvero sui forti.
Questa morale è una morale della rinuncia, in cui tutto ciò che vi è nell’uomo di vitalistico viene denunciato come sbagliato, mentre vengono esaltati valori come l’obbedienza, la sottomissione al dovere morale, il conformismo, tutti valori che secondo il filosofo segnano la decadenza della civiltà.
Da questo punto di vista Nietzsche ha anche un’intuizione che poi sarà sviluppata da Freud, ovvero che il sistema morale impone una repressione degli istinti vitali, delle pulsioni inconsce, producendo così come risposta il dilagare di patologie mentali come forma di reazione.
Nietzsche rintraccia nel mondo ebraico il primo motore di questa morale, che poi però raggiunge l’apice con il cristianesimo che etichetta come peccato tutto ciò che è legato all’esaltazione della vita.
Questa morale risuona anche nelle tendenze politiche più moderne dell’età in cui vive il filosofo, come gli ideali democratici o socialisti, fondati sull’egualitarismo delle masse.
6. La conoscenza
Ultimo pilastro della cultura occidentale che Nietzsche si propone di abbattere è quello relativo alla possibilità di costruire un sapere oggettivo della realtà. Un sapere dunque che possa portare ad una comprensione obbiettiva del reale. Questa concettualizzazione raggiunge l’apice con la cultura positivista, che ritiene di poter ridurre il mondo ad un insieme di fatti oggettivi.
Nietzsche sostiene che questa deriva è in realtà dovuta alla volontà dell’uomo di trovare un senso all’esistente, rintracciare punti saldi di riferimento. Dunque, è una prospettiva che nasce da una necessità consolatoria di certezze.
Contro questa prospettiva, Nietzsche afferma che il modo in cui l’uomo conosce non è altro che la prospettiva che l’individuo getta sul mondo. Questa prospettiva è riassunta nel celebre motto del filosofo: “non esistono fatti ma solo interpretazioni”.
Detto in altri termini: non esiste un solo senso del mondo, ma esiste una pluralità di sensi.
Da questo punto di vista Nietzsche apre tutta una strada filosofica che sarà percorsa da filosofi successivi secondo cui la conoscenza è in realtà ermeneutica, ovvero interpretazione dei fatti. Nella prospettiva particolare di Nietzsche, che comprenderemo meglio nei prossimi passaggi, questa volontà ermeneutica si traduce in uno scontro di coscienze: nell’assenza di una verità oggettiva, l’individuo vuole affermare il proprio sistema di verità.
7. Il canto del gallo
Tutto quello che abbiamo visto finora rappresenta la sistematica opera di distruzione di Nietzsche dei valori fondativi della cultura occidentale. L’esito di questa critica a 360 gradi è l’approdo ad una posizione nichilista, nel senso che viene sancito il nulla su cui si poggiano tutti i riferimenti valoriali costruiti nel corso del tempo.
Metaforicamente, quello che Nietzsche ricostruisce, è il percorso della cultura occidentale verso la sua “notte”, ovvero verso la sua decadenza.
Di fronte alla comprensione di questa crisi, Nietzsche non si ferma però ad una posizione passivamente nichilista.
Se la cultura occidentale è in crisi, per avere costruito falsi valori sul nulla, prendere consapevolezza di questo fatto può produrre la costruzione di un qualcosa di filosoficamente nuovo. Sempre rimanendo dentro la metafora, si può costruire una filosofia “del giorno”, ovvero un percorso di rinascita.
Uno stimolo in tal senso viene secondo Nietzsche dal positivismo stesso, che sancendo che non esiste niente fuori dalla materia, di fatto dimostra quello che Nietzsche vuole provare sul piano filosofico, ovvero l’inesistenza di una qualunque autorità metafisica.
Sempre dentro alla metafora del “giorno”, Nietzsche paragona il positivismo al “canto del gallo”, ovvero al segnale che si è entrati in una fase nuova.
Secondo Nietzsche il limite del positivismo è però quello di non trarre le corrette conclusioni dalle sue premesse, perché si limita a sostituire Dio con la scienza e non accetta quindi la prospettiva nichilista. Per arrivare verso una filosofia nuova occorre una presa di consapevolezza più profonda, che Nietzsche sintetizza nella celebre immagine della “morte di Dio”.
8. La morte di Dio
Se il positivismo rappresenta il canto del gallo, l’annuncio della morte di Dio rappresenta nella metafora del giorno “il mattino”, con cui si entra definitivamente in una nuova fase filosofica.
Con la filosofia del mattino, Nietzsche si presenta come il filosofo-profeta che consegna agli uomini il messaggio che Dio è morto. Cerchiamo di capire cosa si intende.
Innanzitutto nel libro La gaia scienza, in cui si svolge questo annuncio, il messaggio viene affidato ad un folle viandante. Siamo dunque ancora dentro a un sistema di metafore: il filosofo-profeta è come un viandante uno spirito libero, che ormai si muove fuori dalle certezze precostituite. Ed è un viandante comunemente ritenuto un folle, perché i folli sono tradizionalmente coloro che annunciano verità che tutti ritengono tali ma che sono troppo scandalose per essere dette ad alta voce.
Ma in cosa consiste il messaggio che questo folle porta con sé, ovvero la morte di Dio? Con il termine Dio, Nietzsche vuole intendere una qualunque costruzione metafisica o religiosa che nel corso della storia si è imposta nella cultura dei popoli. Ognuna di queste costruzioni è il risultato del tentativo dell’uomo di dare un senso al mondo, per non sprofondare nell’angoscia che il nulla può generare.
Annunciare che Dio è morto equivale dunque a dire che è arrivato il momento di svelare la menzogna, liberare il velo da questa costruzione consolatoria.
9. L’oltreuomo
Nietzsche riconosce che accettare la morte di Dio è un evento traumatico. Dio, con quello che metaforicamente Nietzsche intende, è infatti una menzogna, ma offre un sistema valoriale che permette all’uomo di avere dei punti di riferimento.
Accettare la morte di Dio non è dunque un atto per il quale tutti sono pronti, perché vuol dire sostenere il nulla, entrare in quello che Nietzsche definisce il “mare aperto” delle possibilità.
Con la morte di Dio si apre però anche all’orizzonte la nascita di un uomo nuovo, colui che accetta le profonde conseguenze del nulla.
Questo nuovo uomo è detto da Nietzsche Ubermensch. Tradizionalmente questo termine è tradotto con il concetto di superuomo, ma è preferibile usare il termine oltreuomo, a indicare che questa figura è un qualcosa di nuovo, che supera il concetto tradizionale di uomo.
Questa traduzione è suggerita anche dalla famosa metafora delle tre metamorfosi che Nietzsche usa per presentare l’ubermnesch.
In questa metafora l’uomo è inizialmente rappresentato come un cammello: Nietzsche si riferisce all’uomo che vive nell’illusione metafisica e si sottomette alla morale del gregge.
Il cammello si trasforma poi in leone: ovvero colui che si libera da ogni valore etico e metafisico.
A sua volta il leone diventa poi il fanciullo: è il bambino a rappresentare l’oltreuomo. Perché, come un neonato, l’oltreuomo non è condizionato da nulla di precedente e dunque può inventare un mondo nuovo, così come un bambino inventa giocando.
L’oltreuomo è l’evoluzione che Nietzsche si attende dall’uomo nel futuro. La sua figura quindi è soltanto profetizzata. Questo messaggio è presentato nel celebre volume: Così parlò Zarathustra. Con questo libro entriamo così metaforicamente nella filosofia del meriggio, ovvero ciò che è oltre lo stesso mattino.
Ma quali saranno le caratteristiche effettive di questo oltreuomo? Secondo Nietzsche l’oltreuomo è colui che si muove libero da ogni valore morale e vive pienamente nello spirito dionisiaco.
Due concetti sono strettamente correlati all’oltreuomo.
Il primo è quello dell’eterno ritorno. L’oltreuomo è colui che rifiuta la visione lineare del tempo, quella visione in cui tutti noi viviamo, riducendo ogni attimo ad un semplice momento preparatorio di quello successivo. L’oltreuomo invece vive secondo una prospettiva ciclica del tempo, in cui ogni attimo diventa così eterno e va vissuto nella sua pienezza.
Il secondo concetto è quello della volontà di potenza. Questo termine rischia di essere fuorviante. Per volontà di potenza si intende accettare il caos della vita e gettarsi in esso, vivere la vita come un qualcosa in costante espansione, superare l’io devo kantiano con l’io voglio.
Questa volontà è porsi di fronte alla vita come un qualcosa che genera sempre il nuovo, che supera sempre se stesso: l’oltreuomo è, in altri termini, colui che ha fame di vita, intendendo la vita come una forza creatrice.
10. Conclusione
La filosofia di Nietzsche può essere definita:
1. Una filosofia della crisi = si pone come critica dell’esistente e dei suoi valori
2. Una filosofia irrazionalista = afferma la mancanza di una direzione della storia, si pone quindi in antitesi ai grandi sistemi filosofici come quello hegeliano
3. Una filosofia nichilista = nega l’esistenza di valori fondamentali. Ma attenzione: il suo nichilismo è definito da lui stesso attivo, nel senso che la filosofia deve accettare il nulla e su questo costruire nuovi sistemi valoriali