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Nel 1894 il giornalista ebreo-ungherese, Theodor Herzl, segue a Parigi il processo Dreyfus, in cui un ufficiale di origine ebraica viene ingiustamente accusato di tradimento. Il processo diventa l’emblema del clima antisemita che si respira nella Francia e nell’Europa dei nazionalismi razzisti di fine Ottocento. Il caso Dreyfus convince Herzl della necessità di risolvere la questione antisemita lanciando un progetto a favore di un nazionalismo ebraico. Nel 1896 pubblica così un pamphlet titolato Lo Stato Ebraico. Nel suo libretto, Herzl sostiene la necessità della nascita di uno Stato ebraico. Il libro segna l’atto di nascita del movimento sionista.

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Nelle intenzioni di Herzl la creazione di uno Stato ebraico è da risolversi sul piano internazionale, con la collaborazione delle maggiori potenze europee, le quali avrebbero dovuto individuare una terra destinata all’emigrazione ebraica.

Per dare vita a questo progetto, Herzl nel 1897 organizza un Congresso sionista mondiale e lo associa ad una banca, il Fondo nazionale ebraico, al fine di acquistare terre per i futuri insediamenti.

Il sionismo di Herzl non ha un tratto particolarmente legato alla religione (che sarebbe emerso solo nella seconda metà del Novecento), quanto piuttosto un approccio più razionale, illuminista. Nell’ottica di Herzl il futuro stato ebraico sarebbe infatti dovuto diventare uno stato tecnologicamente e intellettualmente avanzato, fautore di una illuminata democrazia.

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Herzl prende in considerazione una serie di possibili mete per questo futuro Stato, anche in America o in Africa, ma alla fine il Congresso sionista individua come unica possibilità la Palestina, ovvero quella che dai tempi della Bibbia è considerata la patria degli ebrei, e che all’epoca in cui nasce il Congresso è parte integrante dell’impero ottomano.

In Palestina già dal 1881 è iniziata un’ondata migratoria di ebrei, a causa di una serie di persecuzioni in Europa Orientale, in particolare all’interno dei confini dell’impero russo, ma sotto la spinta di questo nascente movimento sionista l’emigrazione assume un carattere più strutturale. Grazie ai finanziamenti veicolati dal Fondo nazionale viene costituita un’Agenzia incaricata di acquistare terre dagli arabi e a fornire gli strumenti adeguati ai migranti per giungere in Palestina e dedicarsi alla coltivazione dei nuovi terreni. Sotto la spinta del Congresso, dal 1903 inizia una seconda ondata migratoria che porta 35mila ebrei in Palestina dai territori dell’Europa Orientale prima dello scoppio della Grande Guerra.

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Nel 1917, nel pieno della guerra, il ministro degli Esteri inglesi Balfour scrive a una delle maggiori personalità del movimento sionista, il ricco banchiere Rothschild, e sostiene che il Regno Unito guarda con favore alla creazione in Palestina, finito il conflitto, di un focolare nazionale per il popolo ebraico. Questa affermazione passa alla storia come dichiarazione Balfour. La dichiarazione ha dei tratti molto vaghi, ma considerando che la Palestina dopo la guerra diventa un territorio sotto amministrazione britannica, la posizione di Balfour costituisce una prima legittimazione internazionale all’aspirazione del movimento sionista.



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