Agostino è considerato come la figura centrale della patristica, termine con cui ci riferiamo alla stagione in cui i cosiddetti padri della chiesa, in particolare fra il IV e l’VIII secolo, delineano i fondamenti della dottrina cristiana.
Agostino nasce a Tagaste, nell’attuale Algeria, nel 354. La madre, Monica, è una fervente cristiana e influirà sulla formazione del figlio.
Nel 370, il giovane Agostino viene inviato dai genitori a Cartagine, per completare la sua formazione. A Cartagine Agostino, oltre che studiare, si dà ad una vita di eccessi e vizi. Da una relazione non regolarizzata, nel 372 nasce un figlio, Adeodato.
Agostino si mostra allo stesso tempo mosso da una profonda inquietudine, alla ricerca di un senso della vita e dell’esistenza. Questo lo porta in un primo tempo ad avvicinarsi al manicheismo, una setta filosofico-religiosa secondo cui esistono due principi divini che si combattono fra di loro, il bene e il male.
Dal 375 inizia a insegnare retorica acquisendo una certa notorietà.
Nel 383 si trasferisce in Italia, prima a Roma, poi a Milano, per continuare le sue attività di retore. A Milano incontra il vescovo Ambrogio che lo inizia a convertire al cristianesimo. Sempre a Milano, Agostino si avvicina al neoplatonismo, corrente filosofica che dal suo punto di vista si incontra molto bene col cristianesimo.
Nel 386 Agostino vive una profonda crisi interiore che lo porta a cambiare stile di vita e lasciare la mondanità, dedicandosi così ai primi importanti scritti religiosi. Fra questi le opere: La vita beata (386), in cui Agostino presenta la filosofia non solo come ricerca della serenità, ma come ricerca della conoscenza di Dio, e I soliloqui (387), un dialogo interiore in cui Agostino riflette su Dio e sull’immortalità dell’anima.
Nel 387 Ambrogio lo battezza, a suggello della definitiva conversione al cristianesimo.
L’anno successivo ritorna in Africa, dove trascorrerà il resto della sua vita. Dona i suoi beni ai poveri e inizia a vivere una vita fondata sulla spiritualità. Inizia anche a scrivere importanti testi contro la cultura pagana, contro il manicheismo e in difesa della religione cristiana. Fra questi: Il maestro (389), dedicata a Cristo come colui che illumina l’anima con la sua verità, e La vera religione (390), in cui la religione cristiana viene contrapposta alle correnti pagane.
Nel 391 viene ordinato sacerdote e nel 396 vescovo di Ippona. Da questo momento la sua esistenza è pienamente dedicata all’impegno teologico. Agostino è un protagonista dei diversi concili che si svolgono in questo periodo e che mettono a punto la dottrina cristiana lottando le eresie.
In questo periodo vengono scritte le sue opere principali:
–Confessioni (397-401), in cui Agostino ripercorre la sua vita e il suo vissuto interiore. È considerata la sua opera più importante perché per la prima volta viene presentata un’autobiografia in cui l’io viene analizzato dal punto di vista introspettivo e nella sua complessità, mettendo in luce errori e inquietudini
–La trinità, in cui Agostino mette a punto i più importanti dogmi della teologia cristiana
–La città di Dio, un’opera immensa in cui Agostino riflette sul rapporto fra religione e politica.
–Le ritrattazioni, la sua ultima opera in cui la filosofia viene ormai interpretata come una concorrente della fede, non più come un suo sostegno.
Nel 430 Agostino muore a Ippona, mentre l’esercito dei vandali sta assediando la città, nel clima più generale di dissolvimento dell’impero romano d’Occidente.
La riflessione di Agostino ruota intorno a tre temi centrali che vanno posti tutti in relazione alla presenza di Dio nel mondo: l’anima, il male, il senso della storia.
Annunci
L’ANIMA
Dal neoplatonismo Agostino riprende l’idea della separazione fra anima e corpo, seppur pensando l’anima in termini di incarnazione. La scoperta dell’anima è centrale nell’intera riflessione di Agostino. Questa scoperta passa da una ricerca di sé, da una costante introspezione che si traduce nell’atteggiamento della confessione: attraverso questo esame di sé, che passa dall’esame degli errori e delle inquietudini dell’anima, si giunge a Dio che rappresenta l’accesso alla verità. Questa scoperta non è mai definitiva, ma sempre aperta, perché infinita è la complessità dell’anima.
Questo approccio è condensato da Agostino nel motto: “Dio e l’anima, questo è quello che desidero conoscere”.
Intorno alla questione dell’anima vertono tre questioni cruciali: la struttura dell’anima, la validità della conoscenza, la dimensione del tempo.
LA STRUTTURA DELL’ANIMA
Rispetto alla struttura dell’anima, Agostino sostiene che essa rispecchia la natura divina che è allo stesso tempo unica e trina. Proprio questa connessione è alla base della possibilità dell’anima di conoscere Dio. In quanto Padre Dio è l’essere. In quanto Figlio – che si rivela nel mondo – Dio è conoscenza, in quanto permette all’uomo di conoscere la verità. In quanto Spirito Santo Dio è amore, perché in questa veste si manifesta nel mondo e permette di avere fede. L’anima possiede, sebbene in misura ridotta, anch’essa questi tre attributi. L’anima esiste e dunque appartiene alla dimensione dell’essere. Dal momento che poi sa di esistere è intelligenza, ovvero conoscenza. In quanto poi mossa da desiderio di esistere è volontà. Questa volontà coincide con la dimensione con l’amore, perché l’anima vuole cercare il bene. Queste tre facoltà dell’anima ovviamente non sono slegate fra di loro ma determinano l’unità dell’anima, allo stesso modo in cui Dio è allo stesso tempo dotato di tre facoltà pur nell’unicità della sua essenza.
LA CONOSCENZA
Queste riflessioni ci portano al secondo tema, quello della conoscenza, in quanto Agostino sostiene che l’anima sa di esistere e che Dio può rivelarle la verità. Per sostenere questa tesi, Agostino deve confutare lo scetticismo, approccio filosofico che ha un largo seguito nella sua epoca, e secondo il quale occorre dubitare sempre di tutto, senza mai giungere a una conoscenza certa delle cose. Agostino sostiene, contro lo scetticismo, che proprio il dubbio porta alla conoscenza, in quanto se si dubita di tutto, non si può dubitare del fatto che si sta dubitando. Questo vuol dire che esiste almeno una certezza, ovvero l’esistenza di chi sta dubitando. L’anima dunque esiste e la sua dimensione centrale è quella del dubitare. Proprio grazie a questo stimolo l’anima è spinta a un’esame di coscienza, al conoscere sé stessa. In Agostino è dunque centrale la dimensione dell’introspezione psicologica per sondare la complessità dell’io. Attraverso questa ricerca, che è una ricerca tutta interiore in cui ci liberiamo dall’attenzione per le cose materiali, le cose esterne, che non sono fonte di verità, troviamo infine Dio. È Dio infatti a determinare la verità assoluta delle cose. Agostino sviluppa da questo punto di vista la teoria dell’illuminazione che si rifà a quella della reminiscenza platonica, ma superandola. Per Platone la conoscenza è ricordare le verità che già si possiedono in maniera innata e che sono date dalle idee. Anche per Agostino la conoscenza già è dentro di noi, ma questa è data da Dio che illumina l’anima che ha fede. Per questo si parla di teoria dell’illuminazione. Attraverso questa riflessione, Agostino ci mostra la fede non come un qualcosa di irrazionale a cui dobbiamo accedere in maniera cieca, ma come qualcosa che ci mostra la verità, dunque la ragione delle cose. Da questo punto di vista la ragione filosofica può dunque incontrarsi con la fede religiosa. Agostino riassume questo concetto col motto: “Conosci per credere, credi per conoscere” Sempre in merito alla strada della conoscenza, Agostino riprende un altro aspetto della tradizione socratico-platonica, rileggendola alla luce del cristianesimo, ovvero la maieutica. La maieutica, a partire da Socrate, è intesa come la strada che porta alla conoscenza, un percorso in cui un maestro aiuta l’interlocutore a trovare la conoscenza non fornendogli la verità, ma stimolando alla ricerca in un dialogo incessante. Anche Agostino sostiene la necessità di un dialogo maieutico per giungere alla conoscenza, ma questo dialogo non si svolge con un interlocutore esterno, bensì nell’interiorità, fra l’anima e Cristo, ovvero Dio che si è incarnato e che ci stimola a cercare la conoscenza.
IL TEMPO
Infine, sempre in merito alla centralità dell’anima, Agostino svolge un’importante riflessione riguardo alla dimensione del tempo e al suo rapporto con l’anima. La premessa da fare è che Agostino distingue fra tempo dell’eternità, che appartiene a Dio, e tempo del divenire, che appartiene alla natura. Dio vive in un eterno presente in cui non vi è la dimensione del divenire, mentre il tempo del divenire appartiene al mondo a partire dalla sua creazione. Da questo punto di vista Agostino sostiene anche l’inutilità di chiedersi cosa facesse Dio prima della creazione del mondo, per il semplice motivo che i concetti di prima e dopo nascono appunto solo con la creazione stessa del mondo e appartengono esclusivamente alla natura.
Detto ciò, la questione del tempo rimane comunque problematica. Il tempo ha infatti tre dimensioni, il passato, il presente e il futuro, ma queste tre appaiono prive di consistenza: il passato è qualcosa che non esiste più, il presente un qualcosa che nel momento stesso in cui accade non è più, il futuro è un qualcosa che non è ancora. Il tempo, dunque, sembra cancellare le cose e quindi anche se stesso. È nell’anima però che il tempo trova una sua piena consistenza. Nell’anima il passato è conservato come memoria, il presente è vissuto come attenzione a ciò che viviamo, il futuro come attesa di quello che sarà. Il tempo non è dunque una realtà esterna, ma è la misura di ciò che avviene nella nostra anima. Per questo Agostino descrive il tempo come distensione dell’anima.
Annunci
IL MALE
Altro aspetto cruciale della riflessione di Agostino è quello del male.
Il punto di partenza è la domanda: se tutto quello che esiste è stato creato da Dio, che è bene assoluto, perché esiste il male nel mondo? Agostino avverte particolarmente questo problema, anche perché in gioventù ha aderito al manicheismo, che sostiene che il male è anch’esso un principio divino, mentre il cristianesimo sostiene appunto che l’unico principio divino è il bene. Agostino trova la soluzione nel principio neoplatonico per il quale non esiste il male come principio metafisico, ma esiste solo il bene come principio. Il male è in realtà una diminuzione del bene che si verifica tanto più ci si allontana dalla divinità. Questo vuol dire che Dio è bene assoluto, mentre la realtà concreta della natura ha un grado di bene inferiore in quanto è stata creata da Dio, ma non è essa stessa divina.
Agostino nega dunque categoricamente la presenza di un male metafisico, che potremmo anche definire divino. Da questo approccio derivano due riflessioni sul male fisico e il male morale.
Per male fisico intendiamo fenomeni come le malattie, le calamità naturali, gli incidenti, e via dicendo. Per male morale i peccati commessi dagli uomini. In entrambi i casi, seguendo il ragionamento appena visto, secondo Agostino è però improprio parlare di male.
Quello che definiamo male fisico è infatti la manifestazione di un grado imperfetto di bene. Facciamo un esempio: la vista perfetta è un bene assoluto, la cecità non è espressione di un male, ma soltanto una limitazione di questo bene.
Allo stesso tempo il peccato non è una vera manifestazione del male, ma soltanto un allontanamento da ciò che è bene. Facciamo un esempio banale: il cibo di per sé, creato da Dio, è un bene, in quanto sfama l’uomo. Ma l’uomo che diventa ingordo commette peccato di gola in quanto indirizza in maniera errata la sua volontà, deviando dal bene.
Il problema del male morale, ovvero del peccato, è particolarmente sentito da Agostino, che col passare del tempo si convince sempre di più che l’uomo in realtà non è di per sé libero di compiere pienamente il bene e quindi ottenere la salvezza. Agostino infatti finisce per sostenere che l’uomo raggiunge la salvezza solo quando interviene la grazia divina, ovvero quando Dio decide, per motivi insondabili, di fare questo dono all’individuo.
Da questo punto di vista Agostino lega tale limite umano in particolare al peccato originale. Agostino aderisce infatti alla dottrina del traducianismo. Secondo questa dottrina le anime individuali non sono create di volta in volta da Dio, ma trasmesse dai genitori. Per questo motivo l’anima di Adamo ed Eva si trasmette nelle generazioni successive, trasmettendo la colpa del peccato originale. Questa colpa, secondo Agostino, è così pesante che da quel momento in poi l’uomo non è dotato di libero arbitrio. Ovvero: non può liberarsi dal peccato senza la grazia di Dio. Da qui deriva un’immagine pessimista dell’uomo che, secondo Agostino, è dunque immerso nel male.
A queste conclusioni il teologo giunge soprattutto nella fase finale della sua vita, quando finisce per ritenere che la filosofia, ovvero la ragione, non possa spiegare la fede, e che essa rappresenta una sfera misteriosa davanti alla quale la ragione deve tacere.
Annunci
LA STORIA
Il terzo grande tema affrontato da Agostino è quello della presenza di Dio nella storia, in particolare nell’opera La città di Dio. In questa Agostino presenta una teologia della storia, ovvero riflette su come gli eventi nel loro complesso abbiano un senso che gli è dato da un disegno divino. La premessa di Agostino è che gli uomini possono vivere in due dimensioni che lui chiama metaforicamente: città dell’uomo e città di Dio. Per città dell’uomo Agostino intende il vivere nella dimensione materiale, quindi verso il peccato, mentre per città di Dio si intende vivere una vita spirituale, coltivando la fede in Dio.
Queste due metaforiche città vivono in una lotta costante nella storia e nei singoli uomini. Ma alla fine sarà la città di Dio a prevalere.
Agostino scrive questa opera nel momento in cui l’impero romano d’occidente sta crollando e vuole difendere i cristiani dall’accusa che è stata la diffusione del cristianesimo a corrompere dall’interno l’impero e renderlo fragile. Agostino risponde dunque che l’umanità piuttosto è in fase di progresso, ma la vittoria finale arriverà quando gli uomini aderiranno alla metaforica città divina.
Esprimendo questa concezione, Agostino finisce per elaborare una idea della storia in netta contrapposizione a quella dominante maturata dai greci.
Per i greci la storia è caratterizzata da un eterno ciclo cosmico, in cui gli eventi hanno dunque scarsa rilevanza di fronte all’eterno ripetersi delle cose.
Agostino introduce invece una concezione lineare della storia e del tempo. In questa prospettiva, il tempo inizia con la creazione del mondo. Dopodiché vi è la caduta nel peccato dell’uomo, determinata dal peccato originale e poi una lunga storia di redenzione, a partire dalla venuta di Cristo, fino a quando a vincere sarà la grazia divina. Gli eventi storici non sono dunque casuali: su di essi interviene la provvidenza, ovvero lo Spirito Santo che opera per garantire l’attuazione del disegno divino. Agostino presenta così una visione della storia dotata di senso, in cui la storia dei vari popoli va letta in senso universale come storia dell’umanità che va verso un certo scopo.