Nel passaggio dall’Alto al Basso Medioevo si assiste alla nascita di nuove monarchie destinate ad avere una struttura solida. Queste monarchie sono dette feudali perché la catena di potere si basa sui rapporti vassallatici.
CONTENUTI
1. LA NASCITA DEL DUCATO DI NORMANDIA
La disgregazione dell’impero carolingio produce la nascita del Regno dei Franchi Occidentali, in parte coincidente con l’attuale Francia.
Dopo la deposizione dell’ultimo imperatore carolingio, Carlo il Grosso (887), questo regno entra in una fase di profonda instabilità: il potere si frantuma in una serie di territori governati da signori feudali sostanzialmente indipendenti.
Questa frantumazione rende soggetta la Francia alle frequenti incursioni di popolazioni come i vichinghi. Nel 911, per frenare queste incursioni, il re Carlo III concede al capo normanno Rollone il territorio settentrionale intorno alla città di Rouen. Nasce così il ducato di Normandia: i vichinghi che vi si insediano verranno detti normanni, che aderiranno rapidamente al cattolicesimo.
I loro capi saranno formalmente vassalli del re francese, ma in sostanza porteranno avanti una politica totalmente autonoma che li renderà protagonisti di molte vicende europee.
2. LA NASCITA DELLA MONARCHIA FRANCESE
Proprio la costante debolezza nella difesa del territorio porta alla fine del secolo allo sviluppo di una novità. Alla morte dell’ultimo re della dinastia carolingia, Luigi V, nel 987 i signori feudali francesi eleggono come proprio re Ugo Capeto, conte di Parigi.
Questi assume il titolo di re dei franchi, sancendo così la separazione definitiva dall’Impero Romano (che nel frattempo ha visto la restaurazione di Ottone) e, fatto nuovo, dà avvio ad una dinastia: quella dei capetingi.
All’atto pratico Ugo Capeto è soltanto un signore feudale come gli altri: il suo potere si esercita realmente soltanto nella regione su cui esercita il proprio potere feudale, mentre gli altri agiscono in maniera indipendente. Ma la nascita della monarchia capetingia rappresenta il primo nucleo a partire dal quale la monarchia inizierà, nel corso dei secoli, ad estendere il proprio potere sul resto del regno.
Inoltre la figura del monarca subisce sin da subito un processo di rafforzamento grazie alla diffusione della credenza che i sovrani fossero dei taumaturghi, ovvero dotati di capacità prodigiose, in grado di curare le malattie: questa credenza contribuisce a creare un carattere di sacralità intorno alla corona, rendendo il monarca diverso da tutti gli altri feudatari.
3. LA BATTAGLIA DI HASTINGS E LA NASCITA DELLA MONARCHIA INGLESE
Mentre inizia a prendere forma la monarchia francese, i Normanni, a partire dalle coste settentrionali del regno, iniziano a prendere di mira l’Inghilterra.
Questo territorio, dopo il crollo dell’impero romano d’Occidente, si divide in una serie di regni anglo-sassoni ed è costantemente sottoposta alle incursioni vichinghe dei re scandinavi.
Nel 1014 il re danese Knut riesce a conquistare una parte consistente dell’isola (un territorio più o meno corrispondente all’attuale Inghilterra) ed essere incoronato re degli inglesi. Knut verrà detto “il grande” perché riesce a dare vita ad un dominio che comprende Danimarca, Norvegia e Inghilterra.
Knut prende in moglie Emma di Normandia, così inizia l’intreccio della storia inglese con quella normanna. Seguiamo le tracce:
-nel 1035 alla morte di Knut prende il potere il figlio, Knut II. Questi però muore improvvisamente nel 1042
-Knut II è l’ultimo re danese: a succedergli il trono è il fratellastro Edoardo il Confessore. Edoardo è anche lui figlio di Emma, ma per il resto è di sangue anglosassone. La corona inglese
-alla sua morte, nel 1066, si scatena un’importante lotta per la successione che contrappone: il nobile anglosassone Aroldo di Wessex (cognato di Edoardo), il duca di Normandia Guglielmo (cugino del re defunto) e il re norvegese Harald III (che vuole ricreare un dominio vichingo sull’isola)
-il nodo si scioglie in due battaglie ravvicinate: la prima combattuta a Stamford Bridge fra Aroldo e Harald che vede la sconfitta di quest’ultimo e, con essa, la fine delle mire vichinghe sull’Inghilterra; la seconda che si svolge ad Hastings e che vede la vittoria di Guglielmo (poi detto “il conquistatore”) su Aroldo
Con la battaglia di Hastings Guglielmo conquista il trono inglese. Questo fatto è fondamentale per quattro motivi:
-inizia formalmente la storia della monarchia inglese
-l’incoronazione di Guglielmo avviene nell’abbazia di Westminster, il che conferisce al sovrano il carattere di sacralità
-dal momento che i normanni diventano re inglesi e al contempo sono vassalli del re francese, si genera un intreccio fra le due monarchie destinato a ingrovigliarsi nel tempo
-i normanni importano in Inghilterra il sistema di gestione feudale del potere, per cui anche la monarchia inglese assume i caratteri più moderni (per l’epoca) del feudalesimo
4. IL REGNO DI SICILIA
Se le mire dei duchi di Normandia si rivolgono all’Inghilterra, altri clan normanni sviluppano progetti espansionistici nell’Italia meridionale.
Questo territorio nell’XI secolo è diviso in:
-ducati di origine Longobarda (come Salerno e Benevento)
-città autonome (come Amalfi)
-territori bizantini (Puglia e Calabria)
-territori arabi (Sicilia)
Questa frantumazione produce guerre costanti che spinge i Normanni ad andare a combattere in Italia come mercenari.
Data la loro maggiore forza i Normanni finiscono però per sviluppare un autonomo progetto di conquista sotto la guida della famiglia Altavilla:
-inizialmente la loro azione è ostacolata dal papa che organizza una coalizione antinormanna: questa è sconfitta nel 1053 nella battaglia di Civitate
-nel 1059 si arriva all’accordo di Melfi fra il papa e gli Altavilla: questi si dichiarano vassalli del pontefice e sono autorizzati a conquistare il Sud Italia
-mentre Roberto d’Altavilla (detto “il guiscardo) procede alla conquista della parte continentale, il fratello Ruggero sbarca in Sicilia e inizia a combattere gli arabi insediati nell’isola
-nel 1130 Ruggero II d’Altavilla riunisce tutti i territori conquistati dalla sua famiglia e viene incoronato re di Sicilia dal papa. Palermo diventa la capitale di un regno che si impone come una monarchia feudale
APPROFONDIMENTI
LA STORIOGRAFIA: estratto da J. LeGoff, “Il cielo sceso in terra. Le radici medievali dell’Europa”.
“Nella sfera politica la cristianità dell’XI e del XII secolo offre un’immagine apparentemente contraddittoria ma che ritroveremo quasi fino ai giorni nostri in Europa e che ritorna per certi versi con le politiche contemporanee di decentralizzazione. Da un lato, si radica una società feudale in cui il potere centrale, che poteva ancora illudersi di avere la meglio con i Carolingi, svanisce a vantaggio della frammentazione dell’esercizio del potere da parte dei signori, che usurpano i diritti detti «regali»: il diritto di battere moneta (anche se ancora poco importante in questo periodo), il diritto di amministrare la giustizia e di esigere tasse. Dall’altro lato, dopo il declino dell’effimero tentativo carolingio, i popoli della cristianità si sforzano di riunirsi intorno a capi centrali che trovano il modo di conciliare quel tanto di potere che resta loro con la frammentazione feudale. Si è insistito tradizionalmente sulla presunta incompatibilità tra uno Stato centralizzato e il sistema feudale. La realtà, più sfumata, ha visto l’imporsi di entità politiche di compromesso, quelle che si possono chiamare le monarchie feudali. L’esistenza di queste monarchie, importanti eredità per l’Europa futura, presuppone alcune realtà fondamentali. Al di sopra dei re che si trovano al vertice di queste monarchie, la cristianità dell’epoca feudale riconosce due poteri superiori: quello del papa e quello dell’imperatore. Anche qui c’è un’apparente contraddizione che riguarda il potere pontificio. È un periodo di suo costante rafforzamento. Si può dire addirittura che alla fine di questa fase, sotto il pontificato di Innocenzo III (1198-1216), il papato è diventato la più potente delle monarchie cristiane. Dispone di una rete assai ampia che gli obbedisce in tutta la cristianità; gli organismi centrali della Santa Sede si sono rafforzati e, forse soprattutto, vengono prelevati in tutto il mondo cristiano canoni che assicurano al papato, più che a qualsiasi altra monarchia, importanti mezzi finanziari. Ma, d’altra parte, la Santa Sede e la Chiesa rispettano quello che era uscito alla fine dalla riforma gregoriana, nonostante i tentativi dello stesso Gregorio VII di imporre la prevalenza della Chiesa sugli Stati laici. La realtà è quella della separazione tra il potere spirituale e il potere temporale [all’interno della quale] la Santa Sede e la Chiesa delineano presto una politica di collaborazione e di fondamentale sostegno alle monarchie. L’altra istituzione che avrebbe potuto limitare la crescita e il potere di queste monarchie feudali, è quella incarnata da un personaggio superiore, questa volta laico, l’imperatore. Ma l’imperatore del Sacro romano impero germanico non è abbastanza forte per imporsi a queste giovani e vigorose monarchie. I nuovi re rendono una serie di omaggi teorici agli imperatori, ma l’indipendenza nei confronti dell’impero e dell’imperatore è uno dei grandi processi politici di questo periodo. Al suo culmine ci saranno dichiarazioni come quella di Filippo Augusto in Francia, all’inizio del XIII secolo: «Il re di Francia non riconosce superiori all’interno del suo regno»; e un secolo dopo Filippo il Bello preciserà e approfondirà questo processo affermando: «Il re è imperatore nel suo regno». Se il re di Francia è il più netto nel sottolineare l’indipendenza delle monarchie rispetto all’impero, la situazione è generale nella cristianità dopo il XII secolo. […] Le caratteristiche del re medievale sono importanti, non solo per capire questo periodo, ma anche perché, trasferite in governi repubblicani e democratici, sussistono spesso come funzione o come immagine. Il re feudale è l’immagine di Dio, Rex imago Dei. Questo aspetto scomparirà naturalmente a partire dal XIX secolo, ma i governanti europei moderni conservano spesso dei privilegi come il diritto di grazia o l’irresponsabilità di fronte alla legge, che sono eredità del carattere sacro dei re. Nel Medioevo inoltre i re sono trifunzionali, vale a dire concentrano nella loro persona le tre funzioni indoeuropee che definiscono il funzionamento globale di una società attraverso tre diverse categorie di persone. Il re incarna la prima funzione, quella religiosa, perché pur non essendo un prete esercita la funzione essenziale di quest’ultimo: la giustizia. Del re è propria anche la seconda funzione, quella militare, poiché è nobile e guerriero (il presidente della repubblica ai giorni nostri, sia in Francia che in Italia, è il capo supremo delle forze armate, secondo una concezione più politica che militare). La terza funzione del re è più difficile da definire. Essa è caratterizzata dal lavoro, nella cultura medievale, e rinvia in sostanza alla prosperità e alla bellezza. Il re è quindi responsabile dell’economia, vale a dire della prosperità del suo regno e, per quel che lo riguarda personalmente, delle opere di misericordia, soprattutto la ricca elargizione di elemosine. Infine, anche se quest’aspetto è più sfumato, si può pensare che la terza funzione gli imponga anche un mecenatismo particolare: la costruzione di chiese deriva essenzialmente da questa funzione. […] Il re medievale non era però un re assoluto. Alcuni storici hanno sollevato l’interrogativo se fosse un re costituzionale. In realtà non è così poiché non si conosce alcun testo che possa essere considerato una costituzione; la Magna Charta, imposta dalla nobiltà e dalla gerarchia ecclesiastica al re d’Inghilterra Enrico III (1215), è il testo che forse le si avvicina maggiormente, ma si trattò di un caso isolato. È comunque uno dei gradini che hanno portato l’Europa verso i regimi costituzionali. In realtà, ed è questo il fatto più importante, il re medievale fu un re contrattuale. Nel giuramento dell’investitura e dell’incoronazione egli si impegnava nei confronti di Dio, della Chiesa e del popolo. I due primi contratti – l’impegno nei confronti di Dio e della Chiesa – hanno perso di significato nel corso dell’evoluzione storica, ma il terzo elemento innovatore si inscrisse lungo il percorso che ha portato il popolo, o un organismo che lo rappresenta, a controllare il potere. Infine il re feudale fu, in teoria e in pratica, incaricato in particolare di una doppia funzione: la giustizia e la pace. Potremmo tradurre quest’ultimo termine con quello di ordine, ma si trattava di un ordine che non era semplicemente quello della tranquillità terrena, era anche il cammino verso la salvezza. In ogni caso la monarchia feudale impegnò la cristianità sulla via di quello che chiameremmo oggi lo Stato di diritto. […] Non tutte le monarchie feudali raggiunsero il medesimo sviluppo e la medesima stabilità, e quindi non dappertutto hanno dato basi ugualmente solide alle future nazioni. Nel mondo della cristianità nordica scandinava, in quello della cristianità slava e ungherese dell’Europa centrale e orientale, le monarchie non presentavano solide basi dal punto di vista territoriale. La Germania e l’Italia erano frazionate in zone dominate da poteri diversi il più importante dei quali era quello delle città di cui parleremo più avanti. Restano dunque l’Inghilterra, la Francia e, nella penisola iberica, la Castiglia. A queste bisogna aggiungere una monarchia originale che sussisterà solo fino al XIX secolo, ma il ricordo della quale fa parte dell’immagine di lunga durata dell’Europa: il regno dell’Italia del Sud e della Sicilia, che si costituisce per l’appunto in questo periodo”