Epicuro e il problema della felicità

La filosofia nasce sempre da una domanda. La domanda che si pone Epicuro è: come si può raggiungere la felicità? Secondo Epicuro il raggiungimento della felicità è possibile solo se gli uomini riescono a liberarsi da alcuni timori:

  1. Il timore degli dei
  2. Il timore della morte
  3. Il timore del dolore

Individuato il problema, occorre ora chiedersi come risolverlo.

Per prima cosa, secondo Epicuro, occorre innanzitutto domandarsi come sia strutturata la natura.

E da questo punto di vista il filosofo riprende quasi totalmente la fisica di Democrito, secondo cui:

  1. Non c’è nulla fuori dalla materia
  2. La materia è composta totalmente da atomi infiniti
  3. Anche l’anima è materiale e composta da atomi
  4. Gli atomi si muovono nel vuoto seguendo leggi puramente meccaniche
  5. Il vortice infinito che muove gli atomi infiniti dà vita a mondi infiniti
  6. Gli dei non intervengono in questo movimento degli atomi

L’unica differenza, sotto questo punto di vista, è che:

-secondo Democrito à il movimento degli atomi è totalmente meccanico, per cui tutto accade in maniera necessaria

-secondo Epicuro invece à in questo movimento ci sono elementi di casualità che rendono possibile la libertà umana (è la teoria del clinàmen = ovvero la teoria della deviazione casuale degli atomi)

Tutto questo discorso è solo apparentemente slegato al problema della felicità, perché indirettamente risponde già ad esso. Infatti:

  1. Dal momento che gli dei sono disinteressati alla vita umana, all’uomo è possibile essere libero dal timore degli dei
  2. Dal momento che tutto è materia, la morte è una semplice assenza di sensazione, il che rende possibile all’uomo essere libero dal timore della morte

Resta però un problema: come sia possibile liberare l’uomo dal timore del dolore.

A questo punto Epicuro introduce il tema del piacere ed entriamo nel discorso etico della sua filosofia. La felicità infatti consiste nel piacere e quindi il piacere diventa l’unico criterio per determinare la distinzione fra bene e male. In tal senso l’etica epicurea è detta edonista. L’edonismo è infatti quella concezione secondo cui il fine della vita è il piacere.

Ma di che piacere parla in realtà il filosofo?

Secondo Epicuro esistono due tipi di piacere:

  1. Il piacere dinamico è legato alla soddisfazione di un bisogno, e quindi in tal senso è instabile, legato a un momento, non in grado di produrre una felicità costante, ma anzi di provocare per lo più insoddisfazione
  2. Il piacere stabile è una forma di piacere durevole. Esso è inteso semplicemente come assenza di dolore e permette di raggiungere:
    1. Lo stato di atarassia à ovvero l’assenza di turbamento dell’anima
    1. Lo stato di aponia à ovvero l’assenza di dolore del corpo

A questo punto si affaccia l’ultima domanda. Ovvero: come è possibile raggiungere questa assenza di turbamento e dolore? La risposta che si dà Epicuro è che occorre eliminare i bisogni che recano dolore. Secondo il filosofo esistono tre forme di bisogni:

  1. I bisogni naturali e necessari (ad esempio la fame)
  2. I bisogni naturali e non necessari (ad esempio la fame che si trasforma in una voglia eccessiva di cibo)
  3. I bisogni non naturali e non necessari (ad esempio la voglia di acquistare un bene superfluo)

È evidente da quanto abbiamo visto finora che:

i bisogni naturali e non necessari e i bisogni non naturali e non necessari possono produrre soltanto un piacere dinamico.

Dunque occorre liberarsi di essi e appagare i soli bisogni necessari: in questo, secondo Epicuro, consiste il liberarsi dal timore del dolore e raggiungere la felicità.

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