Nella Critica della ragion pura, Kant scrive: “ogni interesse della mia ragione si concentra nelle tre domande seguenti: 1) che cosa posso sapere?; 2) che cosa devo fare?; 3) che cosa ho diritto di sperare?”. Se la Critica della ragion pura riflette sulla prima domanda, la Critica della ragion pratica è il tentativo di rispondere alla seconda domanda. Il tentativo, dunque, di interrogarsi sull’agire dell’uomo. Per questo, al centro dell’opera vi è l’esame della legge morale. Non a caso, stavolta la ragione è definita pratica, perché quello che Kant si chiede è cosa deve guidare l’uomo nel suo agire concreto.

Qual è il fondamento della morale che emerge dall’opera?
Nella Critica della ragion pura Kant ha dimostrato l’impossibilità razionale di fondare in maniera scientifica l’esistenza di Dio. Questo significa che la legge morale non può più derivare da un essere supremo, superiore all’uomo. L’unico fondamento della legge morale a questo punto sta nell’uomo stesso. La conseguenza di questa impostazione è che è la ragione umana, in quanto carattere universale degli uomini, a dettare la legge morale.
Kant sostiene che la morale risiede nel dovere. Perché?
Kant afferma che il comportamento morale è per l’uomo un dovere. Se infatti la ragione rappresenta l’essenza dell’uomo, e la ragione fonda la morale, allora è razionale comportarsi in maniera morale. Se è razionale vuol dire che è necessario, perché, viceversa, l’uomo agirebbe contro la sua natura che è una natura fondata sulla ragione.
La moralità del dovere si fonda sul concetto di imperativo categorico. Cosa significa?
Descritta in questo modo, la morale di Kant è una morale del dovere: è la ragione a dire all’uomo “tu devi”. Dunque il dovere è un comando che la ragione imprime in maniera inesorabile all’uomo. In questo senso il dovere è definito come imperativo categorico, ovvero un comando della ragione che non ammette alternative: è in esso che risiede l’essenza stessa della moralità. L’imperativo categorico è dunque:
–Universale = in quanto vale per ogni essere razionale, sempre
–Necessario = perché deve essere seguito dall’uomo in maniera incondizionata (altrimenti non si agirebbe da uomini).
L’imperativo categorico si distingue in maniera netta da quelle che Kant definisce massime, che sono i principi personali che solitamente ci guidano nelle nostre azioni (quando affermiamo: “io credo che sia giusto….”). In quanto principi personali, soggettivi e situazionali (ovvero legati ad una singola circostanza) le massime non possono mai istituire una legge morale comune. La morale deve essere infatti valida per tutti e in ogni situazione e quindi non può che reggersi sull’imperativo categorico della ragione.
A questo punto dobbiamo chiederci: in cosa consiste nell’atto pratico il dovere che dobbiamo seguire?
Stabilito che l’imperativo categorico è il comando che ci obbliga a comportarci in maniera razionale, dobbiamo ora capire in cosa consiste concretamente l’agire razionale. Kant individua delle regole che la ragione ci detta. La prima di queste regole in qualche misura fonda e riassume le altre. Questa formula recita: “Agisci in modo che tu possa volere che la massima della tua azione divenga universale”.
In termini più semplici questa affermazione vuol dire che occorre comportarsi sempre come se le azioni che compiamo debbano essere applicate universalmente. Ovvero: prima di agire dobbiamo chiederci come tutti dovrebbero comportarsi in una determinata situazione e agire di conseguenza.
Dato quanto abbiamo visto, la morale di Kant è definita: autonoma, formale, rigorosa. Cosa significano questi tre aggettivi?
–Autonoma = la morale trova il suo fondamento solo ed esclusivamente sulla ragione stessa, non in qualcosa che è al di fuori, come Dio (nel caso la morale sarebbe eteronoma, non autonoma=
–Formale = nella Critica della Ragion pratica, Kant non elenca una serie di precetti morali che l’uomo deve seguire. Si limita piuttosto a indicare una legge quanto più generale possibile, a indicare la forma della morale dunque. Trovare la sostanza, dunque cosa fare nelle singole situazioni, è una conseguenza dell’applicazione dell’imperativo categorico.
–Rigorosa = la morale segue esclusivamente il dovere per il dovere. Si segue dunque la legge morale in maniera incondizionata, non per realizzare una certa condizione, ovvero un certo utile. Da questo punto di vista Kant distingue fra imperativo categorico (tu devi) e imperativo ipotetico (se vuoi …. devi). L’imperativo ipotetico è quel comando che ci guida rispetto a obiettivi utili (ad esempio: se vuoi superare l’interrogazione devi studiare). In questo senso però si cade negli interessi personali, non nel dovere universale. Da questo punto di vista, Kant sottolinea che nel compiere un’azione morale non dobbiamo mai seguire un utile personale, altrimenti si scivola dall’imperativo categorico a quello ipotetico (ad esempio: compiere un’azione di volontariato è morale, ma realizzare un atto di volontariato per sentirci persone migliori non è morale, perché non si segue il dovere, ma si cerca di realizzare una condizione utile alle nostre inclinazioni personali)
Un altro tema cruciale della morale kantiana è la distinzione fra moralità e legalità: in cosa consiste la differenza?
Seguendo l’ultimo concetto espresso, Kant sostiene che nel compimento di un’azione morale è fondamentale l’intenzione che muove il soggetto. Quello che conta, detto in altri termini, è il proponimento interiore che ci muove. Facciamo un esempio: se troviamo un portafogli e lo restituiamo perché riteniamo che questo sia l’applicazione dell’imperativo categorico compiamo un’azione morale; se lo restituiamo perché abbiamo paura di eventuali ripercussioni (ad esempio essere accusati di averlo rubato) siamo mossi da un’intenzione non morale. In questo caso l’azione è legale, ovvero corretta, ma non morale.
La morale di Kant si configura dunque come una morale dell’intenzione: quello che conta è il motivo che ci spinge a realizzare un’azione, non il risultato pratico di quella azione.
A partire dal funzionamento della legge morale, Kant individua tre postulati: la libertà umana, l’esistenza dell’anima, l’esistenza di Dio. Cosa significa?
A partire dal meccanismo della legge morale, Kant individua tre postulati della morale. Ovvero, utilizzando un linguaggio matematico, tre verità che sono di per sé indimostrabili, ma che occorre assumere come vere in quanto necessarie:
–Libertà dell’uomo = la legge morale si fonda sul dovere. Ma il dovere implica il potere, ovvero la possibilità di agire: se si deve fare una certa cosa, infatti, vuol dire che si può fare quella cosa. Tutto questo significa che il dovere morale implica la possibilità di agire dell’uomo e dunque la sua libertà.
–L’esistenza dell’anima = vivere secondo morale significa vivere in maniera virtuosa. La virtù, secondo Kant, dovrebbe condurre al Sommo bene, ovvero ad una condizione di piena virtù e felicità. Ma seguire una legge morale nei termini descritti da Kant non può rendere felici, perché si tratta di seguire una legge rigorosa che richiede una sottomissione ad un dovere costante. A questo punto, sostiene Kant, occorre ritenere che il raggiungimento della piena felicità non può che avvenire dopo la morte. Questo significa che l’uomo è dotato di un’anima e che essa è immortale, perché destinata a ricevere il premio per la sua condotta morale.
–Esistenza di Dio: se l’anima è immortale e destinata a ricevere un premio, vuol dire che è necessaria l’esistenza di Dio, ovvero di un essere supremo che ricompensa le anime per il loro comportamento morale.
La conclusione di questo ragionamento è che la ragione pratica è superiore alla ragione pura: perché)
La libertà dell’uomo, l’esistenza dell’anima e l’esistenza di Dio sono tre temi che Kant aveva già affrontato nella Critica della ragione pratica, arrivando alla conclusione che queste sono realtà che appartengono al noumeno, alla metafisica, e dunque non sono dimostrabili sul piano razionale. Da questo punto di vista la ragione speculativa, ovvero l’indagine sulla conoscenza che è possibile alla ragione umana, mostra dei limiti che invece la ragione pratica travalica. La legge morale, con il suo meccanismo, permette all’uomo di superare il piano fenomenico. Il dovere morale implica così la libertà dell’uomo e della dimensione infinita dell’anima e di Dio.