Il concilio Vaticano II

Il concilio si svolge dal 1962 al 1965: convocato da papa Giovanni XXIII si concluderà sotto il pontificato di Paolo VI.
Lo spirito che guida il concilio è quello di un’apertura della Chiesa ai tempi della modernità, in un’epoca che vede grandi cambiamenti in corso: l’affacciarsi del tema del disarmo nella guerra fredda; l’emergere di modelli terzomondisti; l’arrivo della contestazione giovanile e l’inasprirsi della conflittualità sociale, sullo sfondo di una sempre più insistente società dei consumi; il problema della crescita delle disuguaglianze su scala globale pur a fronte del processo di decolonizzazione; l’emergere di processi di globalizzazione.

I primi segnali di un concilio all’insegna dell’apertura emergono da elementi come:
1) La partecipazione di rappresentanti di altre chiese cristiane
2) La partecipazione di rappresentanti laici
3) L’introduzione delle lingue locali al posto del latino nella messa

Particolarmente rilevante è però lo spirito che guida il concilio e che passa da atti particolarmente significatiVI:
1) L’approvazione della costituzione Lumen gentium in cui si afferma che la Chiesa deve servire tutta l’umanità, non solo i cattolici, aprendo così al dialogo fra le varie fedi religiose
2) La costituzione pastorale Gaudium et spes in cui si afferma che la Chiesa deve diventare protagonista nelle grandi questioni sociali della sua epoca. In particolare:
-il tema del disarmo di fronte alla prospettiva della catastrofe atomica
-il superamento del concetto di “guerra giusta” a favore del tema della “costruzione della pace”
-le crescenti ingiustizie sia fra classi sociali che fra popoli
-il tema del progresso che deve coniugarsi alla dignità della persona

Uno dei passaggi più significativi della Gaudium et spes recita:
“Cresce frattanto la convinzione che l’umanità non solo può e deve sempre più rafforzare il suo dominio sul creato, ma che le compete inoltre instaurare un ordine politico, sociale ed economico che sempre più e meglio serva l’uomo e aiuti i singoli e i gruppi ad affermare e sviluppare la propria dignità. Donde le aspre rivendicazioni di tanti che, prendendo nettamente coscienza, reputano di essere stati privati di quei beni per ingiustizia o per una non equa distribuzione.
I paesi in via di sviluppo o appena giunti all’indipendenza desiderano partecipare ai benefici della civiltà moderna non solo sul piano politico ma anche economico, e liberamente compiere la loro parte nel mondo; invece cresce ogni giorno la loro distanza e spesso la dipendenza anche economica dalle altre nazioni più ricche, che progrediscono più rapidamente.
I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli più ricchi.
Le donne rivendicano, là dove ancora non l’hanno raggiunta, la parità con gli uomini, non solo di diritto, ma anche di fatto. Operai e contadini non vogliono solo guadagnarsi il necessario per vivere, ma sviluppare la loro personalità col lavoro, anzi partecipare all’organizzazione della vita economica, sociale, politica e culturale. Per la prima volta nella storia umana, i popoli sono oggi persuasi che i benefici della civiltà possono e debbono realmente estendersi a tutti.”

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