Come abbiamo visto qui, la morte di Stalin porta a un forte scontro per la successione che si conclude intorno al 1955, con la definitiva affermazione di Nikita Kruscev.
Con Kruscev si avvia un ripensamento profondo della stagione staliniana e si cerca di aprire una nuova pagina, sia nei rapporti dentro al mondo comunista che negli equilibri della guerra fredda.
Un primo esempio si può vedere già nel 1955, quando Kruscev riallaccia i rapporti con il leader socialista jugoslavo, Tito, che nel 1948 aveva rotto ogni legame con Stalin.
Questa nuova linea non è però priva di momenti complessi e contraddittori.
Da questo punto di vista molto significativi sono gli eventi del 1956, un anno fra i più densi e simbolici della guerra fredda.
Procediamo con ordine.

1. Il XX congresso del Pcus
Nel febbraio del ’56 si svolge il XX congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nel corso del quale Kruscev denuncia i crimini del regime staliniano e attribuisce le colpe della degenerazione totalitaria al culto della personalità del suo predecessore.
Dopo il congresso, fra le prime mosse di Kruscev vi è quella di sciogliere il Cominform, la cui organizzazione rispondeva alla logica di preparare lo scontro fra i due campi, e di iniziare lo smantellamento del sistema Gulag, nell’ottica di porre fine ai metodi più cruenti della repressione del dissenso.
2. La crisi polacca
La politica di Kruscev ha come effetto apparentemente paradossale quello di creare difficoltà nella gestione dei rapporti interni al blocco sovietico.
Di fronte a un atteggiamento di rottura con la stagione staliniana, si creano infatti le condizioni che portano alcune democrazie popolari a cercare di allentare i rapporti con Mosca.
Una prima manifestazione si ha in Polonia, dove scoppiano una serie di rivolte contro il regime al governo.
In questo caso le proteste vengono contenute con la mossa sovietica di portare a capo del governo polacco un esponente di tendenze più riformiste, Gomulka, il quale era caduto in disgrazia agli inizi degli anni Cinquanta per le sue posizioni antistaliniane. Il ritorno di Gomulka produce l’avvio di alcune riforme che riescono in questa prima fase a stemperare l’ondata di proteste.
Molto più complesso è invece quanto accade da lì a poco in Ungheria.
Ma prima degli eventi ungheresi occorre spostarsi in Egitto, dove Kruscev è impegnato in un’altra crisi di natura molto differente: la crisi di Suez.
3. La crisi di Suez
Per comprendere la crisi di Suez dobbiamo fare un rapido passo indietro, al 1952, quando in Egitto si realizza un colpo di Stato che porta all’ascesa di un nuovo leader, Nasser.
Nasser introduce due novità:
1. Avvia una politica di rottura della subalternità egiziana agli interessi delle potenze europee, Regno Unito in primis
2. Avvia una politica di riforme che introduce principi di socialismo, trovando così un sostegno di Kruscev che cerca a sua volta di stringere l’alleanza con Nasser
Nel 1956 Nasser decide di nazionalizzare il canale di Suez, in mano a una compagnia anglofrancese. La sua azione provoca la reazione di inglesi e francesi che decidono di muovere guerra all’Egitto con il sostegno di Israele.
Scoppia così una crisi internazionale intorno al controllo del canale, che porta all’intervento congiunto di Usa e Urss che – in competizione fra di loro per assicurarsi l’alleanza dell’Egitto – si oppongono all’intervento militare di inglesi, francesi e israeliani riuscendo a imporre uno stop.
L’episodio dimostra, in maniera ancora più evidente, come il peso delle due superpotenze abbia ormai marginalizzato la presenza internazionale delle vecchie potenze coloniali europee.
4. La crisi ungherese
Proprio mentre si entra nel pieno della crisi di Suez, l’Urss deve fronteggiare una nuova rivolta dentro al mondo delle democrazie popolari, stavolta in Ungheria.
Anche in questo caso Mosca punta a far scemare le proteste attraverso un cambio alla guida del governo, favorendo l’ascesa del riformista Najy. A dispetto delle aspettative sovietiche, però, appena giunto al potere Nagy avvia un programma fondato su:
-fine del regime del partito unico
-uscita del paese dal Patto di Varsavia
Queste posizioni appaiono inconciliabili con la politica di Mosca, per cui Kruscev decide per la linea dura: fra l’ottobre e il novembre del ’56 i carri armati sovietici entrano a Budapest, reprimendo le proteste e arrestando Nagy (che verrà impiccato due anni dopo).
La crisi ungherese dimostra chiaramente che se da un lato Kruscev è disposto a ripensare i metodi della dittatura staliniana, non vi è però nei suoi programmi nessun cedimento nel controllo del blocco delle democrazie popolari.
L’intervento di Kruscev è approvato da tutti i partiti comunisti d’Europa, ma la repressione della rivolta ungherese comincia a offuscare il mito dell’URSS nella coscienza di molti intellettuali e militanti comunisti.
Allo stesso tempo significativo è il sostanziale silenzio degli Stati Uniti e degli altri paesi occidentali, il che è una dimostrazione di come in Europa si sia raggiunto un equilibrio nella spartizione delle sfere di influenze che viene riconosciuto e accettato come tale.
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