1981-1991: Reagan, Bush e Gorbacev. Dalla “seconda guerra fredda” alla dissoluzione dell’Urss

Come abbiamo visto qui, nel 1980 Reagan vince le elezioni presidenziali: la sua figura dominerà l’intero decennio, visto che guiderà gli Stati Uniti fino al 1988.
Con Reagan inizia una nuova stagione della guerra fredda. Viene abbandonata definitivamente la strada della distensione e si torna a un aggressivo anticomunismo. Per questo motivo, dopo la stagione della distensione, nella stagione di Reagan si parla di “seconda guerra fredda”, per indicare il ritorno a un antagonismo muscolare, che era stato tipico nella prima fase dello scontro bipolare.
Questo cambiamento si percepisce nell’utilizzo di un nuovo linguaggio: si deve infatti a Reagan la definizione dell’Unione Sovietica come “impero del male”.



Come si concretizza la politica di Reagan nei confronti del comunismo?

Finita, come dicevamo, l’epoca della distensione, Reagan si propone di portare avanti una dura offensiva nei confronti del mondo comunista, con lo scopo di mettere in crisi la superpotenza sovietica.
Questo progetto si articola principalmente intorno a due linee:
1. Una politica di riarmo
2. Un sostegno alle forze anticomuniste a livello globale
Vediamo questi due punti in maniera più dettagliata.

La politica di riarmo

Due dei capisaldi della distensione sono:
1. il raggiungimento di accordi militari che permettano di limitare le spese per gli armamenti missilistici
2. l’equilibrio nella reciproca minaccia nucleare
Reagan mette in crisi queste due fondamenta lanciando:
1. un piano di riarmo, che si concretizza fra l’altro con l’installazione di missili a media gittata in Europa nel 1983
2. il progetto (che non sarà mai realizzato concretamente) di quello che giornalisticamente viene definito “scudo nucleare”. In pratica un sistema di intercettazione in grado di bloccare una possibile offensiva missilistica da parte sovietica
Gli obiettivi di Reagan attraverso questi due progetti sono sostanzialmente due:
1. con il riarmo mettere in difficoltà l’economia sovietica, un’economia ormai stagnante e non in grado di reggere una massiccia corsa agli armamenti
2. con il progetto dello scudo nucleare far venire meno il concetto della possibile distruzione reciproca e dunque avere uno strumento per ottenere un vantaggio strategico fondamentale negli equilibri della guerra fredda

Il sostegno alle forze anticomuniste

Reagan lancia una politica a livello globale di sostegno economico e materiale a forze anticomuniste impegnate a fronteggiare le forze socialiste.
Il caso più eclatante da questo punto di vista è il sostegno alle varie forze della guerriglia afghana impegnate nel contrastare l’offensiva dell’Unione Sovietica. Il sostegno americano
pone un ostacolo decisivo all’impegno sovietico in Afghanistan: la guerra in Afghanistan diventa così, per i sovietici, il corrispettivo del Vietnam americano, ovvero un conflitto apparentemente facile sulla carta per la sproporzione di risorse, ma che si rivela un impegno incredibilmente gravoso sul piano sul piano materiale e di immagine, che finisce per trasformarsi in una sconfitta della superpotenza

L’impegno americano non si limita però al solo Afghanistan. Un’area particolarmente interessata è quella del Sud America, continente che gli Stati Uniti considerano prioritario. Da questo punto di vista non mancano operazioni anche molto spregiudicate. Fra queste spiccano:
1. l’invasione della piccola isola caraibica di Grenada nel 1984 per rovesciare il governo ritenuto filocubano
2. il sostegno alla dittatura militare del Salvador nella sua repressione della guerriglia comunista
3. il sostegno ai guerriglieri del Contras, in Nicaragua, contro il governo “sandinista” (=movimento filosocialista nicaraguense).
Quest’ultimo intervento suscita particolare clamore, perché per finanziare i Contras, la Casa Bianca ricorre a una vendica illegale di armi all’Iran: il tutto porterà nel 1985-86 allo scandalo “Irangate”.

Quello che dobbiamo domandarci a questo punto è: qual è la reazione sovietica all’offensiva di Reagan?

La politica di Reagan mette in grave difficoltà l’Urss, stagnante sul piano economico, impantanata nella crisi afghana e di nuovo attraversata da movimenti di dissenso. Fra questi si registrano le manifestazioni in Polonia organizzate dal sindacato cattolico Solidarnosc, a stento represse nel 1981.
Ad aggravare la situazione sovietica vi è una difficoltà nel rinnovamento della sua leadership: nel 1982 muore Breznev, a cui succedono due segretari in linea con la sua politica (Andropov dal 1982 al 1984, Cernenko nel 1985), ma entrambi di breve durata a causa di morti premature.
A questo punto però avviene una svolta all’interno dei vertici sovietici, con la nomina a segretario di Michail Gorbaciov, esponente dell’ala riformista del partito.



Quali sono gli obiettivi di Gorbaciov?

Gorbaciov si propone in particolare due linee guida:
1. In politica estera riavviare un rapporto di dialogo con gli Usa, dando una svolta definitiva allo scontro bipolare
2. In politica interna avviare profonde riforme in grado di rilanciare l’economia del regime e creare un più vasto consenso

A quali risultati porta la nuova linea in politica estera?

Gorbaciov avvia un programma di riduzione delle spese militari che riesce a convincere Reagan della volontà di aprire una nuova pagina nelle relazioni Usa-Urss.
Si apre così una stagione di incontri fra i due leader che porta nel 1987 a un importante accordo per la riduzione degli armamenti missilistici in Europa: il trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty).
Nel 1988, dentro a questo spirito di riduzione degli impegni militari, viene avviato il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan.
Nel 1991 Gorbaciov raggiungerà, con il successore di Reagan, George Bush Senior, anche l’importante trattato Start I, il primo a produrre una riduzione degli armamenti nucleari.
Ma, come vedremo nei prossimi passaggi, quando viene raggiunto l’accordo Start I ci troviamo già in una nuova fase del confronto Usa-Urss.

A quali risultati porta invece la nuova linea in politica interna?

Gorbaciov incentra la sua politica riformista intorno a due parole chiave:
Glasnost (=trasparenza) = con cui si intende un sistema più aperto in termini di libera espressione e libera informazione, con una drastica riduzione della persecuzione dei dissidenti politici
Perestrojka (=ristrutturazione) = con cui si intende una riforma del sistema economico con l’introduzione di elementi di iniziativa privata e parziale privatizzazione delle imprese
Queste due riforme non ottengono i risultati sperati:
-a livello economico la riduzione della presenza statale porta a una trasformazione dell’economia a cui il sistema sovietico non è in grado di reagire prontamente, producendo una crisi economico-produttiva
-a livello politico le aperture di Gorbaciov non hanno l’effetto di consolidare il consenso verso il regime, quanto piuttosto rendere più libero il dissenso, producendo effetti incontrollati con conseguenze epocali

Il primo contraccolpo si ha in Europa Orientale, producendo lo sgretolamento del blocco comunista: come ci si arriva?

La politica di Gorbaciov, come detto, sembra legittimare i gruppi di opposizione al blocco comunista. Il primo effetto si ha nei regimi dell’Europa Orientale, in grave crisi di consenso. A cavallo fra 1988 e 1989 aumentano in maniera esponenziale le agitazioni sociali ma, stavolta, non arriva l’intervento esterno dell’Unione Sovietica per reprimere il dissenso, come era già accaduto diverse volte nel passato.
Nel 1989 matura così una svolta epocale: di fronte al crescere delle agitazioni, i regimi delle democrazie popolari avviano una serie di aperture politiche che portano rapidamente al loro stesso crollo, ma in maniera del tutto pacifica.
L’avvio di questo processo si ha in Polonia, dove nel giugno del 1989 si hanno le prime elezioni libere che portano all’estromissione dal potere del partito comunista.
L’evento più simbolico si ha però il 9 novembre 1989, quando il regime della Germania Est apre le porte all’apertura delle frontiere, spingendo così la popolazione di Berlino ad abbattere il muro che è stato il simbolo più significativo della guerra fredda. Si apre così la strada alla riunificazione della Germania, che si realizza già nel 1990.
A chiudere il passaggio dai regimi socialisti dell’Europa Orientale al post-comunismo è la caduta, alla fine dell’anno, della dittatura di Ceausescu in Romania. Quello della Romania è l’unico caso in cui si arriva alla caduta del regime in maniera violenta.

Dopo il crollo del muro di Berlino, si arriva in due anni al collasso dell’Unione Sovietica e alla fine della guerra fredda. Quali sono i passaggi decisivi?

Di fronte al collasso del socialismo in Europa Orientale e di fronte all’aggravarsi della situazione economica interna, anche l’Unione Sovietica va incontro a un processo di sgretolamento.
A mettere in moto questo processo è l’insorgere delle volontà indipendentiste all’interno della federazione sovietica.
Già nel 1990 riescono a ottenere l’indipendenza le tre repubbliche baltiche: Lituania, Lettonia ed Estonia.
Allo stesso tempo è in Russia stessa che emerge un’opposizione al regime comunista: a impersonare questa opposizione è il presidente del presidente russo, Boris Eltsin.
I passaggi decisivi arrivano nel 1991:
-ad agosto i vertici dell’ala conservatrice del Partito Comunista, in un estremo tentativo di salvare la dissoluzione dell’Urss, tentano un colpo di stato per estromettere Gorbacev
-il colpo di stato fallisce per l’intervento della popolazione di Mosca, guidata da Eltsin
-nei mesi successivi diversi stati come la Georgia, l’Armenia, la Moldavia e l’Ucraina proclamano l’indipendenza
-il 25 dicembre 1991 Gorbacev si dimette: con le sue dimissione viene sancita la fine definitiva dell’Unione Sovietica

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