Come abbiamo visto qui, il protagonista nella sponda americana della distensione è Richard Nixon, coadiuvato dal suo segretario di Stato, Henry Kissinger.
Gli anni dell’amministrazione Nixon meritano però un approfondimento, perché sono densi di momenti importanti anche al di là della politica della distensione.
Andiamo con ordine.

1971 – l’uscita del dollaro da Bretton Woods
L’amministrazione Nixon si rende protagonista di un delicato passaggio economico che segna la fine del sistema di Bretton Woods. Nel 1971 Nixon decide infatti la fine della convertibilità aurea del dollaro, ovvero sospende la possibilità di cambiare i dollari con l’oro.
Dobbiamo aprire una parentesi per capire cosa significa.
Nel 1944 con gli accordi di Bretton Woods nasce un sistema di cambi monetari fissi. A garantire questo sistema vi è la disponibilità degli Usa nel convertire il dollaro con l’oro, rendendo così stabile il valore della propria moneta e regolando il valore delle altre in maniera consequenziale. Questo sistema regge pienamente nel dopoguerra, quando gli Usa sono pieni di riserve auree. Le spese supportate fra gli anni Cinquanta e Sessanta, specialmente a livello militare, in particolare con la guerra del Vietnam, riducono però notevolmente le riserve auree statunitensi.
Per continuare a garantire la stabilità dei cambi, gli Usa sono costretti a ridurre le spese interne, per non intaccare ulteriormente le proprie riserve di oro.
Con Nixon si giunge a una svolta, ovvero la scelta di porre fine a questo sistema. Due sono gli scopi:
-aumentare in maniera libera le spese del tesoro americano
-poter svalutare il dollaro e quindi rendere la moneta più competitiva a livello internazionale (la conseguenza è infatti l’abbassamento dei prezzi dei beni che giungono dagli Stati Uniti e quindi una loro più facile esportabilità).
La scelta di Nixon ha due conseguenze:
1. produce l’avvio di una instabilità dei cambi monetari che mette in difficoltà diverse economie degli alleati occidentali, già colpiti dalla fine della crescita economica che aveva caratterizzato gli anni Cinquanta e Sessanta
2. permette una crescita dell’economia americana, accompagnando la trasformazione del suo sistema produttivo interno, da un sistema industrializzato a un sistema postindustriale
1972 – viaggio a Pechino
Mentre si intavolano trattative con l’Urss nella ricerca della distensione, l’amministrazione Nixon si rende protagonista di uno spregiudicato avvicinamento alla Cina comunista.
Quando nel 1949 nasce la Repubblica popolare cinese il governo americano si rifiuta di riconoscere il nuovo regime cinese, ma con Nixon la politica nei confronti della Cina cambia. Rendendosi conto di come nel frattempo la Cina e l’Urss siano entrati in rottura, rompendo la loro alleanza. Approfittando di questa nuova situazione, l’amministrazione Nixon cerca di infilarsi fra le ormai due rivali del mondo comunista, intavolando trattative per un avvicinamento con la Cina.
Queste trattative, mantenute a lungo segrete, portano nel 1972 a uno storico viaggio di Nixon in Cina, dove incontra anche Mao, e finalmente al riconoscimento statunitense del governo cinese. Riconoscimento che permette a quel punto anche l’insediamento della Cina
1973 – colpo di Stato in Cile
A partire dagli anni Cinquanta la Cia si rende protagonista di una serie di interventi fuori dai confini statunitense per colpire regimi sgraditi all’amministrazione americana. In alcuni casi questi interventi hanno un esito positivo, ad esempio il colpo di stato in Iran nel 1953, in altri positivi, come lo sbarco nella baia dei Porci a Cuba nel 1961.
Nel 1973, sotto l’amministrazione Nixon, viene organizzato uno degli interventi più famosi e più drammatici: il colpo di stato in Cile.
Nel paese sudamericano si era insediato due anni prima un governo democraticamente eletto, guidato dal socialista Salvador Allende. Nel 1973 il suo governo è rovesciato da un violento golpe organizzato dal generale Pinochet, con il consenso e il sostegno degli Stati Uniti. Nel corso del colpo di stato lo stesso Salvador Allende trova la morte.
Con Pinochet il Cile si trasforma in una dittatura che si manterrà in vita per due decenni, rendendosi responsabile di dure repressioni.
Il sostegno fornito agli Usa a Pinochet dimostra come la superpotenza americana sia ancora una volta pronta a intervenire in maniera spregiudicata per impedire la formazione di governi potenzialmente ostili alla politica filoamericana in Sud America, ovvero nel continente che gli Usa ritengono essenziale per la propria sicurezza.
1973 – fine guerra del Vietnam
Quando Nixon diventa presidente eredità il più complesso lascito dell’amministrazione Johnson, ovvero l’intervento in Vietnam. Nixon è consapevole che la guerra non può essere vinta, sia per la strenue resistenza della popolazione vietnamita, sia per il sostegno che, in concorrenza fra loro, Urss e Cina stanno fornendo al Fronte di liberazione nazionale.
La preoccupazione di Nixon diventa quindi quella di portare gli Stati Uniti fuori dal conflitto senza per questo pagare un prezzo politico alto. La scelta dell’amministrazione americana diventa quella di produrre un ulteriore incremento dell’impegno militare, al fine appunto non di vincere la guerra, ma spingere i Nord Vietnamiti a un accordo di pace il più possibile favorevole agli Usa. In questa ulteriore escalation Nixon estende il conflitto anche al Laos e alla Cambogia, paesi confinanti al Vietnam e dove è presente una guerriglia comunista, per cercare di indebolire il sostegno al Fronte di liberazione.
Questa strategia si rivela però sostanzialmente inefficace. Nel 1973 gli Usa raggiungono un accordo per l’uscita della guerra e il mantenimento della divisione del Vietnam in due parti.
L’uscita dal conflitto degli Usa segna però la sostanziale sconfitta della strategia americana:
-dopo il ritiro totale delle truppe statunitensi nel 1975, il Vietnam del Nord riprende le operazioni militari contro il Sud e riunifica il paese sotto un unico regime comunista
-anche in Laos e in Cambogia arrivano al potere le forze comuniste, segnando così un’estensione del comunismo in tutta l’area
1974 – le dimissioni per lo scandalo Watergate
La presidenza Nixon si conclude in seguito a uno scandalo, ovvero l’inchiesta Watergate, che rivela come durante la campagna elettorale del 1972 stretti collaboratori del presidente abbiano inquinato il libero svolgimento delle elezioni, intercettando e spiando le operazioni del Partito Democratico, rivale di Nixon, anche col sostegno di apparati della Casa Bianca.
L’intera vicenda assume un’eco sempre più rilevante, grazie all’inchiesta di due giornalisti del Washington Post, che ricostruiscono l’intera storia e riescono a trasformarla in un caso nazionale.
L’onda dello scandalo è tale che Nixon viene messo in stato d’accusa da parte del Congresso: nel 1974, per evitare la procedura di impeachment, ovvero la destituzione da parte dei parlamentari, Nixon decide di dimettersi, in anticipo di due anni rispetto alla scadenza naturale del mandato. Quelle di Nixon sono le prime dimissioni di un presidente della storia statunitense. A succedergli è il vicepresidente, Gerald Ford,