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  1. GLI STATI GENERALI: IL PROBLEMA DEL SISTEMA DI VOTO
  2. IL GIURAMENTO DELLA PALLACORDA
  3. LA PRESA DELLA BASTIGLIA
  4. LA “GRANDE PAURA” E LA FINE DEL FEUDALESIMO
  5. LA MARCIA SU VERSAILLES
  6. L’OPINIONE PUBBLICA: CLUB E GIORNALI
    1. LEGGI GLI ALTRI CAPITOLI DELLA STORIA

GLI STATI GENERALI: IL PROBLEMA DEL SISTEMA DI VOTO

Il 5 maggio 1789 si inaugurano a Versailles i lavori degli Stati Generali e iniziano subito i problemi.

La composizione degli Stati Generali è determinata infatti da: 291 deputati del clero, 270 della nobiltà, 578 del Terzo Stato. I deputati del Terzo Stato sono quindi la maggioranza assoluta, una scelta voluta da Luigi XVI per limitare la nobiltà.

Allo stesso tempo si pone però il problema del sistema di voto. I deputati del Terzo Stato chiedono infatti di votare per testa, ovvero un voto per deputato, in modo da avere la maggioranza. Gli altri chiedono un voto per ordine, in modo che l’alleanza fra nobiltà e clero possa avere la meglio sulla borghesia. Il re, dopo aver rimandato per mesi il problema, si esprime a favore del voto per ordine, sostenendo così la richiesta dei ceti privilegiati.

Questa scelta porta rapidamente allo sviluppo degli eventi che porteranno il regno nella rivoluzione.

Vediamo le tappe.


IL GIURAMENTO DELLA PALLACORDA

La rottura inizia il 17 giugno quando, rifiutando la logica del voto per ordine, il Terzo Stato si autodefinisce Assemblea nazionale. Ovvero i suoi deputati sostengono di rappresentare la nazione nella sua interezza e propongono un’idea di sovranità che appartiene al popolo, non al monarca.

Il 20 giugno Luigi XVI fa chiudere la sala in cui si riunisce il Terzo Stato. I deputati, per protesta, occupano un altro ambiente, la sala della Pallacorda, e giurano di dare una Costituzione al regno. Nei giorni successivi si uniscono una parte dei deputati del clero e della nobiltà all’assemblea che a questo punto si definisce costituente.

Il 27 giugno Luigi XVI è costretto a riconoscere lo stato di fatto e invita tutti i deputati che non l’hanno ancora fatto a unirsi all’assemblea. A questo punto gli Stati Generali si trasformano in un organismo costituente.


LA PRESA DELLA BASTIGLIA

L’arrendevolezza del re è però apparente e questo porta alla seconda tappa rivoluzionaria.

Già il 26 giugno Luigi fa mobilitare 26 reggimenti, poi altri 10. Per lo più sono reggimenti di mercenari stranieri. L’11 luglio il re licenzia i ministri liberali.

Questa situazione carica di tensione la popolazione di Parigi che è già in agitazione per il continuo aumento del prezzo del pane. Quando giunge voce che il ministro delle finanze, Necker, considerato vicino al popolo, è stato licenziato, e che delle truppe si ammassano intorno alla città, la popolazione insorge. Il 13 luglio iniziano i primi incidenti, con la popolazione che comincia a procurarsi le armi. Lo stesso 13 viene nominato un Comitato permanente per la difesa della città, che poi prenderà il nome di Comune di Parigi, e viene costituita una milizia cittadina, che poi assumerà il nome di Guardia nazionale.

Il 14 luglio la popolazione parigina muove verso la Bastiglia, una prigione-fortezza che è stata a lungo simbolo dell’assolutismo. Al suo interno vi sono armi e soprattutto polvere da sparo protette da una piccola guarnigione di militari. La situazione degenera: la guarnigione spara sulla folla, ma questa, sostenuta dalle guardie della milizia riesce a prendere la Bastiglia e a vendicarsi tagliando la testa del governatore della fortezza.

Dopo la presa della Bastiglia, Luigi licenzia le truppe mercenarie e richiama i ministri licenziati.

Gli eventi che portano al 14 luglio ci portano a fare una prima considerazione, ovvero che sin da subito la rivoluzione mostra almeno due volti.

Da un lato quello dell’alta borghesia e dell’aristocrazia, riunite nell’Assemblea nazionale, che hanno mire moderate e liberali. Dall’altro i ceti borghesi e proletari urbani, più radicali, che si rendono protagonisti di episodi di violenza. In questa prima fase le due gambe camminano insieme. L’insurrezione del 14 luglio salva infatti la stessa Assemblea nazionale.


LA “GRANDE PAURA” E LA FINE DEL FEUDALESIMO

A questi due gruppi sociali se ne aggiunge un altro, quello dei contadini del mondo agrario. A cavallo fra luglio e agosto infatti tumulti nelle realtà rurali, con assalti a castelli e abbazie. Per parlare di questi giorni si usa la definizione di “grande paura” per descrivere l’agitazione prodotta da questi moti.

Anche per placare le rivolte agrarie, fra il 4 e l’11 agosto l’Assemblea nazionale vara un insieme di decreti che nel loro complesso aboliscono il regime feudale, ponendo fine ai privilegi che ne derivano, introducendo l’uguaglianza giuridica, e abolendo tasse e canoni tradizionalmente versati a nobiltà e clero.

-In questo clima il 26 agosto l’Assemblea approva la Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo, il documento più simbolico della rivoluzione francese. Ispirato alla dichiarazione di indipendenza americana e ai principi dell’illuminismo, il documento condensa in 17 articoli i principi che devono muovere la rivoluzione. La Dichiarazione sostiene che l’uomo gode naturalmente di una serie di diritti: libertà, vita, proprietà privata, la resistenza all’oppressione. Con questo documento viene così superato l’antico regime, fondato sulla disuguaglianza dei privilegi. Vengono poi sancita la sovranità nazionale, superando la visione tradizionale secondo cui la sovranità appartiene al monarca per diritto divino, e la divisione dei poteri, superando l’assolutismo.


LA MARCIA SU VERSAILLES

La quarta tappa rivoluzionaria è la marcia su Versailles del 5 ottobre 1789. Vediamo come ci si arriva.
Dopo i decreti e la dichiarazione di agosto, il re si rende protagonista di una serie di situazioni che esasperano il clima:
-si rifiuta di ratificare i documenti votati dall’Assemblea
-fa giungere a Versailles un nuovo reggimento di mercenari
-organizza un banchetto a cui partecipano aristocratici che calpestano il simbolo della rivoluzione, ovvero il tricolore della nuova bandiera
L’insieme di queste notizie giunge a Parigi quando si riaccende il problema del pane.
Così il 5 ottobre da Parigi parte un grande corteo, composto in gran parte da donne, e accompagnato dalla guardia nazionale e da rappresentanti della Comune. La folla arriva a minacciare la sicurezza della famiglia reale. Sotto la pressione popolare Luigi è costretto a ratificare i decreti di agosto e la famiglia reale a trasferirsi a Parigi. Da questo momento i monarchi vivranno sotto la sorveglianza dei rivoluzionari parigini.


L’OPINIONE PUBBLICA: CLUB E GIORNALI

Con gli eventi del 5 e 6 ottobre si chiude la prima intensa fase rivoluzionaria, che ha portato alla costituzione di un’Assemblea costituente, alla nascita di organismi rivoluzionari come la Comune e la Guardia nazionale, a episodi di violenza rivoluzionaria, alla promulgazione di atti fondamentali come la Dichiarazione del 26 agosto e al trasferimento della corte a Parigi, sotto la sorveglianza della popolazione.

A questo punto possiamo aprire una parentesi e allargare lo sguardo, cercando di capire chi sono i protagonisti di questa prima fase e come l’opinione pubblica segue lo scoppio della rivoluzione.

Per quanto riguarda i protagonisti alcuni nomi che vanno citati sono sicuramente:

-Il marchese la Fayette, un aristocratico di idee illuministe, molto popolare anche per la sua partecipazione alla guerra di Indipendenza americana, e che assume il comando della Guardia nazionale

-Jean Bailly, un intellettuale esponente del Terzo Stato, colui che il 20 giugno pronuncia a nome dell’Assemblea il giuramento della Pallacorda e in seguito assume l’incarico di sindaco della Comune

-l’abate Sieyès, eletto nelle fila del Terzo Stato. Sieyès prima degli Stati Generali scrive una serie di pamphlet decisivi nel produrre le idee rivoluzionarie e il cui succo è riassunto in un motto celebre: “Che cos’è il Terzo Stato? Tutto. Che cosa ha rappresentato finora? Nulla”. Nei giorni successivi al giuramento della Pallacorda ha un ruolo fondamentale nel resistere alla pressione del re per lo scioglimento della protesta, trasformando così gli Stati Generali in Assemblea nazionale.

Per quanto riguarda l’opinione pubblica, con lo scoppio della rivoluzione e l’avvio dei lavori dell’Assemblea si assiste ad una grande partecipazione popolare, con la nascita di salotti, riviste, giornali, club in cui si discutono le vicende politiche.

Per quanto riguarda i club i principali sono due: quello dei Giacobini e quello dei Cordiglieri. Entrambi hanno migliaia di iscritti e sedi in tutta la Francia.

Il Club dei Giacobini raccoglie i leader della prima fase e molti dei deputati dell’Assemblea. Gli iscritti appartengono alla media-alta borghesia e alla aristocrazia. La sua tendenza è moderata, questo vuol dire che l’obiettivo che i Giacobini si propongono è quello di arrivare a creare una monarchia costituzionale.

Il Club dei Cordiglieri è invece di estrazione piccolo borghese e popolare. Le sue posizioni, rispetto a quelle giacobine, sono più radicali, in quanto più democratiche e antimonarchiche. Fra i suoi iscritti i più importanti sono Danton e Marat, entrambi destinati ad avere un ruolo chiave nei primissimi anni della rivoluzione.

Un altro fenomeno vistoso è il proliferare di un gran numero di giornali rivoluzionari. Fra questi:: “Le Patriote francais” di Brissot – che avrà un ruolo rilevante negli anni successivi – la “Révolutions de France et de Brabant” del cordigliere Camille Desmoulis, ma soprattutto “L’ami du peuple”, di Marat, di convenzioni fortemente democratiche e più ostile al re e alla Assemblea considerata troppo moderata.


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