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  1. INTRODUZIONE
  2. LA MONARCHIA FRANCESE
  3. L’ANTICO REGIME
  4. LA SITUAZIONE ECONOMICA
  5. L’ILLUMINISMO
  6. LA CONVOCAZIONE DEGLI STATI GENERALI
    1. LEGGI GLI ALTRI CAPITOLI DELLA STORIA

INTRODUZIONE

La rivoluzione francese, a causa delle sue conseguenze, è uno degli eventi più significativi della storia dell’età moderna.

In realtà non si tratta di un evento, ma di un processo che si sviluppa per anni e che attraversa diverse fasi.

Per capire come si arriva alla rivoluzione occorre innanzitutto guardare alla situazione della Francia prima del 1789.

I punti da analizzare sono quattro:

-l’assolutismo della monarchia

-la società detta di “antico regime”

-la situazione economica del regno

-la diffusione delle idee illuministe

Il tutto porterà nel 1789 alla convocazione degli Stati Generali e, come vedremo, all’avvio della fase rivoluzionaria.

Ma andiamo con ordine.


LA MONARCHIA FRANCESE

La Francia alla vigilia della rivoluzione del 1789 è una monarchia assoluta.

Il re a partire dal 1774 è Luigi XVI, la regina è Maria Antonietta, figlia della regina d’Austria Maria Teresa. Il loro matrimonio è il frutto di una storica alleanza fra la Francia dei Borbone e l’Austria degli Asburgo.

La famiglia reale, con tutta la corte, vive nel lusso della reggia di Versailles, percepita dalla popolazione come fonte di sprechi.

Il re, in quanto monarca assoluto, è teoricamente a capo di tutti i poteri e al vertice di una piramide amministrativa composta da sei ministri e una rete di intendenti, ovvero funzionari pubblici dotati di ampi poteri burocratici.

La monarchia francese del Settecento, nel suo complesso, si dimostra però una monarchia immobile. Negli stessi decenni diverse monarchie assolutiste introducono riforme ispirate all’Illuminismo, ma di tutto questo non c’è traccia in Francia. Per questo, come vedremo, nel secondo punto, manca qualunque tipo di modernizzazione dello Stato e dell’economia.


L’ANTICO REGIME

La società francese prerivoluzionaria verrà successivamente definita una società di “antico regime”.

Le caratteristiche principali dell’antico regime sono due:

-la divisione di ordini sociali

-il disordine amministrativo economico

Capiamo cosa vogliono dire questi due aspetti.

Per quanto riguarda il primo punto, si intende il fatto che la società è divisa in gruppi fra di loro diversi sul piano giuridico, sociale e legislativo.

Gli ordini sociali sono tre.

Il primo è la nobiltà. Questa controlla il 25% delle terre del regno e gode di una serie di privilegi come: l’amministrazione della giustizia nei propri territori, poteri feudali (ad esempio i contadini gli devono parte dei raccolti, imposte per la caccia, per l’utilizzo dei mulini, ecc…), l’accesso alle più alte cariche dell’esercito e dello stato, l’esenzione dalle tasse principali.

Al suo interno la nobiltà è in realtà articolata. In primo luogo essa è divisa in nobiltà di spada (ovvero il cui titolo è legato al sangue) e nobiltà di toga (il cui titolo è stato acquistato e comporta l’occupazione delle più importanti cariche amministrative). In secondo luogo si può distinguere fra un’alta nobiltà, più prestigiosa e che vive alla reggia di Versailles, e una piccola nobiltà di provincia che è in una situazione economica più precaria.

Il secondo ordine è composto dal clero. Il clero è esentato dalla gran parte delle tasse, riceve la decima – ovvero una tassa imposta ai contadini -, ha un proprio sistema penale, ha il controllo dell’istruzione e dello stato civile (ovvero di tutto quello che ha a che fare con anagrafe, registro dei matrimoni, dei decessi, ecc…). In generale il controllo del clero sulla società è molto profondo, trattandosi di una popolazione – quella francese – a larghissima maggioranza cattolica (le uniche comunità non cattoliche sono quella protestante e quella ebraica, composte da poche centinaia di migliaia di persone. Delle due solo i protestanti hanno il diritto alla cittadinanza e solo a partire dal 1787).

Anche nel caso del clero occorre però distinguere: al suo interno vi sono infatti da un lato le alte gerarchie (come vescovi e cardinali) che vivono nel lusso e nel potere, dall’altro le basse gerarchie (come i parroci) che vivono in una condizione popolare.

Infine vi è il cosiddetto Terzo Stato. Esso rappresenta il 98% della popolazione ed è quindi estremamente variegato al suo interno. Del Terzo Stato fanno infatti parte la dinamica borghesia cittadina, composta da mercanti, professionisti, artigiani, intellettuali, i lavoratori che vivono nell’ambiente urbano, le masse di contadini che più subiscono i privilegi nobiliari ed ecclesiastici e tutti coloro che non hanno un reddito fisso. In generale il Terzo Stato è accomunato dal fatto che è su di esso che grava tutto il peso fiscale del regno, a fronte dell’assenza di privilegi, tutti concessi agli altri ordini.

Il secondo aspetto dell’antico regime è invece l’assenza di modernizzazione e razionalizzazione dello stato. Questo vuol dire che, a differenza degli Stati moderni, esistono forme di amministrazione diverse (tribunali, organismi nobiliari, inquadramenti ecclesiastici, province) non omogenee e spesso in conflitto fra di loro, a causa di leggi e consuetudini differenti. Questo sistema rende complesso allo stesso re imporre il suo volere, come dimostra soprattutto la presenza di parlamenti, ovvero organismi giudiziari e legislativi in mano alla nobiltà di toga e dotati del diritto di rimostranza, ovvero il diritto di ostacolare le leggi del re, il che crea un limite importante all’assolutismo della monarchia.

Questo sistema grava inoltre sui commerci, in quanto da provincia a provincia cambiano sistemi di misura, tasse, sistemi legislativi e vengono imposti dazi alle merci all’interno del regno stesso, ostacolando la libera circolazione.


LA SITUAZIONE ECONOMICA

Tutto quello che abbiamo visto ci porta al terzo punto, ovvero la situazione economica.

Alla vigilia della rivoluzione la Francia si trova in una posizione economica disastrosa.

Le cause sono due. Da un lato le guerre del Settecento, e in particolare la partecipazione alla guerra di Indipendenza americana, hanno creato un forte deficit pubblico. Dall’altro l’assenza di tasse per nobiltà e clero limita le entrate e sposta tutto il peso fiscale sul Terzo Stato.

Nel corso della monarchia di Luigi XVI si alternano una serie di ministri che elaborano piani di riforme che vengono tutti ostacolati dai ceti privilegiati, in quanto ogni tentativo di riforma prevede l’introduzione di tasse nei loro confronti.

La situazione è resa ancora più dal cattivo andamento dei raccolti nel 1788, il che rende sempre più complesse le condizioni di vita.


L’ILLUMINISMO

Il quarto punto da sottolineare è infine quello relativo alla diffusione delle idee illuministe. La Francia è infatti la culla dell’Illuminismo, e i suoi principi si diffondono nella borghesia e in una parte dell’aristocrazia progressista.

Questo vuol dire che nel regno i ceti più produttivi sono sempre più ostili all’assolutismo della monarchia e chiedono riforme che modernizzino la stato e l’economia e che vadano a colpire il sistema di privilegi.


LA CONVOCAZIONE DEGLI STATI GENERALI

Tutto il quadro descritto finora porta il re a convocare per il 1789 gli Stati Generali.

Prima di vedere il perché, capiamo di cosa si tratta.

Gli Stati Generali sono un’assemblea di origine medievale. Al suo interno sono rappresentati i tre ordini. La sua convocazione serve a portare il re a confrontarsi con i rappresentanti della nazione per prendere importanti decisioni.

Gli Stati Generali sono convocati per la prima volta da Filippo il Bello nel 1302 e un’ultima volta nel 1614 da Caterina de’ Medici. Da quel momento non vengono più convocati in quanto, secondo l’ottica assolutistica, tutte le decisioni spettano soltanto al sovrano.

Nel 1788 la situazione è però così grave da spingere Luigi XVI alla loro convocazione. I suoi tentativi di introdurre delle riforme economiche vengono infatti a più riprese ostacolate dai parlamenti, organismo che abbiamo già incontrato e che, come detto, è nelle mani della nobiltà di toga.

I parlamenti sono sostenuti nella loro azione dall’aristocrazia e dalla borghesia che chiedono di superare l’impasse e convocare gli Stati Generali per discutere grandi riforme.

In realtà aristocrazia e borghesia hanno obiettivi molto diversi, sebbene in questa prima fase si trovino alleati.

Obiettivo dell’aristocrazia è ottenere, tramite gli Stati Generali, la riduzione dei poteri del re e il mantenimento dei propri privilegi.

Obiettivo della borghesia, viceversa, è sia ridurre i poteri del re che ottenere l’abolizione dei privilegi di nobiltà e clero.

Così, a partire dall’inizio del 1789 i tre ordini, riuniti in assemblee provinciali, cominciano ad eleggere i propri delegati in vista della convocazione degli Stati Generali.

Le assemblee del Terzo Stato diventano presto l’occasione per far emergere le inquietudini della popolazione. Nel corso delle assemblee vengono infatti redatti i quaderni delle rimostranze, ovvero registri in cui vengono raccolte le opinioni dei partecipanti alle assemblee, anche coloro che, per motivi di reddito, non hanno diritto al voto. Dai quaderni delle rimostranze emerge non tanto la critica alla monarchia, quanto una profonda avversione a tutti i privilegi nobiliari ed ecclesiastici e la rivendicazione della libertà e dell’uguaglianza giuridica.

In generale per quanto riguarda i nobili e il clero i deputati eletti sono per la gran parte conservatori, ma vi sono importanti minoranze di aristocratici illuministi schierati su posizioni riformatrici e membri del clero di estrazione popolare. Per quanto riguarda il Terzo Stato questo è invece molto compatto al suo interno, dal momento che è composto perlopiù da membri della borghesia imprenditoriale, illuminista, riformatrice e schierata su posizioni antinobiliari.


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