In questo percorso didattico si affronta il tema del rapporto fra la città di Roma e la figura del papà a cavallo fra la tarda età moderna e l’età contemporanea, prendendo come spunto quattro momenti fortemente simbolici: la fine del potere temporale del papa nel 1870; i patti Lateranensi nel 1929; la presenza del papa a San Lorenzo dopo i bombardamenti del 1943; l’apertura del Concilio Vaticano II nel 1962.
La breccia di Porta Pia e la fine del potere temporale del papa (20 settembre 1870)
Nell’estate 1870 scoppia la guerra franco-prussiana. L’esito è disastroso per l’esercito francese, che viene costretto alla resa già il 2 settembre, nella battaglia di Sedan. Le conseguenze sono dirompenti: in seguito alla sconfitta francese, Napoleone III lascia la corona imperiale e in Francia inizia la stagione della terza Repubblica; la Prussia, vittoriosa, porta a compimento il progetto di unificazione tedesca e nasce il secondo Reich.
Ma la guerra ha conseguenze rilevanti anche in Italia: la caduta di Napoleone III priva papa Pio IX della protezione armata che la Francia aveva accordato a partire dal 1849, quando le truppe francesi erano intervenute per porre fine all’esperienza della Repubblica Romana e riportare a Roma il papa.
Approfittando delle difficoltà attraversate dalla Francia dopo la sconfitta di Sedan, il regno d’Italia decide di cogliere l’occasione per portare a compimento un passaggio fondamentale nel processo risorgimentale: l’annessione della città di Roma.
Il 20 settembre 1870 le truppe italiane entrano in città, aprendo una breccia nelle mura che difendono Roma, all’altezza di Porta Pia.
L’entrata dei bersaglieri rappresenta per il papa la fine del potere temporale: la città viene infatti annessa al regno italiano e nel 1871 ne diventa la capitale.
Il governo italiano decide di rapportarsi nei confronti della Chiesa seguendo un approccio liberale, seguendo il motto che già era stato di Cavour: “Libera Chiesa in libero Stato”.
Dopo aver approvato il trasferimento della sede della capitale a Roma, viene infatti approvata (maggio 1871) la legge detta delle guarentigie (=garanzie) che regola i nuovi rapporti fra il regno d’Italia e la Santa Sede.
La legge prevede:
-da un lato il rispetto della libertà papale, in particolare: l’inviolabilità della sua persona, dei palazzi del Vaticano e del ruolo spirituale del pontefice. A questo si aggiunge un contributo finanziario annuale per ricompensare la perdita del potere politico;
-dall’altro viene stabilito il principio della separazione fra la sfera politica e la sfera religiosa, seguendo il principio liberale della laicità dello stato.
La legge non risolve il problema dei rapporti fra Stato e Chiesa, in quanto viene accolta da un rifiuto del papa. Con la breccia di Porta Pia si apre dunque la cosiddetta questione romana, ovvero il conflitto che contrappone la Chiesa allo Stato italiano per la perdita del potere politico.
Simbolo di questo conflitto è il non expedit, ovvero il divieto imposto dal pontefice ai cattolici – in particolare a partire dalle elezioni del 1874 – di partecipare alla vita politica dello Stato italiano.
Ad esempio, in un intervento l’11 ottobre del 1874 rivolto alle donne romane del Circolo di Santa Melania, Pio IX afferma che “non è lecito andare a sedere in quell’aula e voi, dilettissime figlie, pregate perché Iddio […] apra gli occhi a quelli che vanno barcollando”
Il non expedit sarà attenuato nel tempo dai successori di Pio IX e sospeso solo nel 1919.
La questione romana si sarebbe invece risolta solo nel 1929 con i Patti Lateranensi.
I Patti Lateranensi
I Patti Lateranensi vengono sottoscritti l’11 febbraio 1929 da papa Pio XI e Benito Mussolini. I Patti rappresentano la tappa finale di un lento avvicinamento fra il regime fascista e la Santa Sede.
La loro firma pone fine alla questione romana, risolvendo il conflitto sorto con la breccia di Porta Pia, riconoscendo il potere temporale del papa sullo Stato del Vaticano.
I Patti risultano vantaggiosi sia per il regime che per la Chiesa:
-Mussolini ottiene il consenso delle masse cattoliche per aver ricucito lo strappo fra lo Stato e la Chiesa;
-la Chiesa romana ottiene non solo la sovranità territoriale, ma soprattutto un grande margine d’azione presso le masse italiane. Uno spazio precluso a qualunque altra forza, in un regime totalitario come quello fascista.
I Patti Lateranensi sono composti da tre parti:
-la prima parte è un trattato internazionale = con cui lo Stato italiano riconosce la sovranità territoriale della Chiesa sullo Stato del Vaticano e con cui vengono stabiliti i confini di esso (art. 3: “L’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà e la esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana sul Vaticano”).
Nel trattato viene anche affermato – come premessa iniziale – che lo Stato italiano riconosce che “la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato” (art. 1).
-la seconda parte è costituita da una convenzione finanziaria = con cui lo Stato italiano riconosce una dotazione economica alla Santa Sede
-la terza parte è il concordato che regola i rapporti in ambito civile e religioso fra la Chiesa e lo Stato = è la parte più significativa dei Patti, perché determina in maniera puntuale il venir meno della laicità dello Stato. Di seguito alcuni fra gli articoli più significativi:
Art. 3: “(…) anche se siasi disposta la mobilitazione generale, sono dispensati dal presentarsi alla chiamata i sacerdoti con cura di anime”;
Art. 8: “(…) In caso di arresto, l’ecclesiastico o il religioso è trattato col riguardo dovuto al suo stato ed al suo grado gerarchico.”
Art. 34: (…) Lo Stato italiano, volendo ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili.”
Art. 36: “(…) L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica.”
Art. 43: “(…) Lo Stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica Italiana in quanto esse, siccome la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico e sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione e l’attuazione dei principî cattolici.”
Il bombardamento di San Lorenzo
Uno degli elementi più caratterizzanti del secondo conflitto mondiale è quello dei bombardamenti su larga scala delle città coinvolte nella guerra. Nella gran parte dei casi lo scopo principale non è tanto quello di colpire infrastrutture e posizioni strategiche del nemico, quanto colpire la popolazione civile, per minarne la tenuta morale.
Questo spirito è particolarmente presente nel raid aereo del 19 luglio 1943, quando gli Alleati bombardano a Roma la zona dello scalo ferroviario, colpendo in particolare il quartiere popolare di San Lorenzo. Circa 800 aerei sorvolano Roma, le vittime sono circa 3000, di cui solo la metà di San Lorenzo.
Gli Alleati sono sbarcati da 9 giorni in Sicilia e lo scopo dei bombardamenti nelle città sulla parte peninsulare del Paese è volto a rompere ogni residua fiducia nel fascismo, spingendo la popolazione a recidere ogni legame con Mussolini.
Per i romani il bombardamento è un trauma improvviso: a lungo era infatti prevalsa l’idea che la Città eterna, la città del papa, non sarebbe stata toccata.
Quanto accade nelle ore e nei giorni successivi è denso di significato: dopo il bombardamento papa Pio XII in un gesto irrituale si reca al Verano, nel cuore di San Lorenzo, senza scorta, calandosi nella folla e portando la sua benedizione alla popolazione colpita. L’accoglienza degli abitanti romani dimostra come nel corso della guerra la Chiesa abbia rafforzato il suo ruolo di rifugio morale per la città, smarcandosi da un legame con il regime fascista, in profonda crisi di consensi. E che, non causalmente, avrebbe visto proprio di lì a pochi giorni, con l’arresto di Mussolini il 25 luglio, la sua fine.
A testimoniare gli eventi del 19 luglio vi è una foto particolarmente nota, che mostra Pio XII benedire a braccia aperte la popolazione. Caso vuole che si tratti in realtà di un falso storico, in quanto la foto non rappresenta il papa in visita a San Lorenzo, ma davanti alla basilica di San Giovanni, in seguito a un secondo raid aereo che colpisce Roma, il 13 agosto.

Il Concilio Vaticano II
Questo percorso si apre con una fine (quella del millenario Stato della Chiesa il 20 settembre 1870) e si chiude con un inizio, o meglio con un rinnovamento, quello della Chiesa del Vaticano II, concilio che rappresenta un grande momento di svolta nella storia ecclesiastica.
Il concilio si svolge dal 1962 al 1965: convocato da papa Giovanni XXIII si concluderà sotto il pontificato di Paolo VI.
Lo spirito che guida il concilio è quello di un’apertura della Chiesa ai tempi della modernità, in un’epoca che vede grandi cambiamenti in corso: l’affacciarsi del tema del disarmo nella guerra fredda; l’emergere di modelli terzomondisti; l’arrivo della contestazione giovanile e l’inasprirsi della conflittualità sociale, sullo sfondo di una sempre più insistente società dei consumi; il problema della crescita delle disuguaglianze su scala globale pur a fronte del processo di decolonizzazione; l’emergere di processi di globalizzazione.
I primi segnali di un concilio all’insegna dell’apertura emergono da elementi come:
1) La partecipazione di rappresentanti di altre chiese cristiane
2) La partecipazione di rappresentanti laici
3) L’introduzione delle lingue locali al posto del latino nella messa
Particolarmente rilevante è però lo spirito che guida il concilio e che passa da atti particolarmente significatiVI:
1) L’approvazione della costituzione Lumen gentium in cui si afferma che la Chiesa deve servire tutta l’umanità, non solo i cattolici, aprendo così al dialogo fra le varie fedi religiose
2) La costituzione pastorale Gaudium et spes in cui si afferma che la Chiesa deve diventare protagonista nelle grandi questioni sociali della sua epoca. In particolare:
-il tema del disarmo di fronte alla prospettiva della catastrofe atomica
-il superamento del concetto di “guerra giusta” a favore del tema della “costruzione della pace”
-le crescenti ingiustizie sia fra classi sociali che fra popoli
-il tema del progresso che deve coniugarsi alla dignità della persona
Uno dei passaggi più significativi della Gaudium et spes recita:
“Cresce frattanto la convinzione che l’umanità non solo può e deve sempre più rafforzare il suo dominio sul creato, ma che le compete inoltre instaurare un ordine politico, sociale ed economico che sempre più e meglio serva l’uomo e aiuti i singoli e i gruppi ad affermare e sviluppare la propria dignità. Donde le aspre rivendicazioni di tanti che, prendendo nettamente coscienza, reputano di essere stati privati di quei beni per ingiustizia o per una non equa distribuzione.
I paesi in via di sviluppo o appena giunti all’indipendenza desiderano partecipare ai benefici della civiltà moderna non solo sul piano politico ma anche economico, e liberamente compiere la loro parte nel mondo; invece cresce ogni giorno la loro distanza e spesso la dipendenza anche economica dalle altre nazioni più ricche, che progrediscono più rapidamente.
I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli più ricchi.
Le donne rivendicano, là dove ancora non l’hanno raggiunta, la parità con gli uomini, non solo di diritto, ma anche di fatto. Operai e contadini non vogliono solo guadagnarsi il necessario per vivere, ma sviluppare la loro personalità col lavoro, anzi partecipare all’organizzazione della vita economica, sociale, politica e culturale. Per la prima volta nella storia umana, i popoli sono oggi persuasi che i benefici della civiltà possono e debbono realmente estendersi a tutti.”