Anassimandro e l’apeiron

Come si è visto in un altro articolo, per Talete l’arché è l’acqua. Più complesso è il ragionamento prodotto da Anassimandro, secondo filosofo della scuola di Mileto, di qualche anno più giovane rispetto a Talete.

Anassimandro osserva infatti due cose:

  1. Tutti gli elementi sono in continua mutazione, nessuno di essi è permanentemente stabile
  2. Nessuno di essi ha un ruolo prioritario rispetto ad un altro

Date queste due osservazioni, Anassimandro conclude che nessuno degli elementi può essere individuato come l’arché e che l’arché dunque deve essere qualcos’altro, ovvero un principio che regola il funzionamento degli elementi. Questo principio è definito da Anassimandro apeiron, che tradotto vuol dire “ciò che non ha un limite”, “ciò che non è definito”.

Per capire in cosa consista questo apeiron, dobbiamo guardare a come Anassimandro immagina il funzionamento del ciclo cosmico. Secondo Anassimandro infatti, all’inizio vi è un caos originario: tutto è indefinito, ovvero gli elementi non si distinguono fra di loro. In seguito però inizia una separazione degli opposti: il caldo si distacca dal freddo, il secco dall’umido, e così via. Questo distaccarsi degli opposti fa sì che inizi a prodursi la natura con i suoi elementi particolari, ovvero il mondo come lo conosciamo. In questo mondo si manifesta una continua lotta fra gli opposti, perché nel momento in cui – ad esempio – prevale la luce, e quindi è giorno, il buio lotta per imporsi fino a che giunge la notte, e via dicendo.

Questa lotta costante produce il divenire, il cambiamento nel mondo, ma all’origine di questa lotta vi è quella che Anassimandro definisce una ingiustizia, perché rispetto al caos originario, in cui tutto convive, qui abbiamo un elemento – il caldo ad esempio – che prevale sul suo opposto.

Proprio perché il mondo, così come lo conosciamo, è dunque regolato dall’ingiustizia, perché lo stato iniziale di equilibrio è alterato, il ciclo cosmico riprende, fino a che dal mondo come lo conosciamo, si ritorna al caos originario, ovvero alla situazione di equilibrio e dunque di giustizia. Da qui poi si ritorna di nuovo al distaccarsi degli opposti, e quindi si ritorna al mondo del divenire: questo ciclo di composizione e scomposizione della natura è eterno e il principio che funge da quello che potremmo definire il motore di questo ciclo, è appunto l’apeiron. L’apeiron è dunque l’arché in quanto è il principio eterno che determina il costante divenire degli elementi.

In questa sua raffigurazione del ciclo cosmico, Anassimandro compie una serie di intuizioni particolarmente interessanti, tre in particolare:

  1. Afferma che la Terra ha una forma cilindrica, il che ovviamente è un errore, ma afferma allo stesso tempo che essa è sospesa, non poggia su niente, in quanto è posta al centro del vortice dell’apeiron. Si supera quindi la visione, come ad esempio quella riprodotta da Talete, per cui la Terra poggia su qualcos’altro
  2. Oltre ad affermare che il ciclo cosmico è infinito, Anassimandro afferma anche che i mondi prodotti dall’apeiron sono infiniti, e dunque l’universo non è chiuso, finito
  3. In Anassimandro è presente un principio di intuizione evoluzionistica, in quanto afferma che gli uomini provengono dai pesci. In questa intuizione vi è la ripresa del concetto dell’arché di Talete, perché si riprende l’idea che ciò che dà la vita sia l’acqua

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