La Grande Guerra: dall’attentato di Sarajevo all’armistizio dell’11 novembre 1918.

L’attentato di Sarajevo

Il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando – erede al trono d’Austria – viene ucciso in un attentato a Sarajevo.
Sarajevo è la principale città della Bosnia, regione annessa dall’impero austroungarico nel 1908. Gli attentatori, fra cui Gavrilo Princip (l’autore materiale dell’omicidio) fanno parte del gruppo “Giovane Bosnia”, organizzazione che rivendica l’indipendenza dall’Austria. A sua volta, il gruppo è collegato alla formazione terroristica e ultranazionalista serba, “Mano nera”, che ha come obiettivo la creazione di un grande stato slavo sotto la guida serba, inclusa la regione bosniaca.

L’agosto del 1914: l’Europa in guerra



L’attentato metterà in moto gli eventi che porteranno allo scoppio della prima guerra mondiale.
L’atto viene infatti interpretato dall’Austria come l’occasione buona per fare definitivamente i conti con la Serbia, che da anni crea tensioni nelle regioni balcaniche annesse all’impero austriaco, a causa del suo progetto di creazione di uno stato slavo libero e indipendente.
Attribuendo dunque la sostanziale responsabilità dell’attentato alla Serbia, il 23 luglio 1914 l’Austria – consultato l’alleato tedesco – invia a Belgrado un pesante ultimatum. La Serbia, ottenuto il sostegno della Russia, suo potente alleato, rifiuta le condizioni imposte dall’Austria, che il 28 luglio 1914 le dichiara guerra. La data passerà alla storia come l’inizio della prima guerra mondiale.

Nei giorni successivi, infatti scatta il meccanismo delle alleanze che porterà velocemente l’intera Europa in guerra.
Il primo agosto la Germania dichiara infatti guerra alla Russia e il 3 agosto alla Francia, alleata della Russia.
Il 4 agosto la Germania avvia il piano di invasione della Francia, superando i confini del Belgio, nazione neutrale. Questo atto porta il Regno Unito, legato da un accordo alla Francia, a schierarsi affianco ai francesi e ai russi dichiarando guerra ai tedeschi.
A rimanere inizialmente fuori dal conflitto è invece l’Italia. Il Paese è infatti legato alla Germania e all’Austria dalla cosiddetta Triplice Alleanza, un patto che però è puramente difensivo, e quindi non obbliga l’Italia a sostenere l’aggressione austro-tedesca.

Dalla guerra di movimento alla guerra di trincea

L’impressione iniziale è che il conflitto possa essere di breve durata. La rapidità dell’offensiva tedesca sembra infatti far pendere facilmente la bilancia dal suo lato. I tedeschi infatti avviano rapidamente le proprie operazioni attuando un piano predisposto da anni, il piano Schlieffen. Questo è predisposto nell’eventualità di una guerra da combattere su due fronti e prevede la rapida disfatta delle Francia grazie a un attacco a sorpresa passando appunto dal Belgio, per poi concentrare gli sforzi sulla Russia, ritenuta lenta a mobilitare le sue truppe.
Le fasi iniziali del confitto sembrano andare in questa direzione, con i tedeschi che, violata la neutralità belga, entrano rapidamente nel territorio francese.

L’avanzata tedesca viene però arrestata a metà settembre per due motivi:

  1. Per la resistenza che gli inglesi e i francesi portano avanti sul fiume Marna, respingendo l’offensiva tedesca
  2. Per la rapida mobilitazione russa che costringe i tedeschi a ridislocare le sue truppe sul fronte orientale.

La guerra di movimento si trasforma a questo punto in una logorante guerra di trincea.
La controffensiva anglo-francese arresta infatti l’avanzata tedesca ma non riesce a rompere il fronte nemico. Allo stesso tempo viene arrestata anche l’avanzata russa a Est.
A questo punto si vanno a creare due vasti fronti di guerra, in cui gli eserciti si fronteggiano nelle trincee: i tempi del conflitto si vanno così dilatando e questo porterà nella guerra nuovi protagonisti affianco o delle potenze dell’Intesa (Francia-Inghilterra-Russia) o dei cosiddetti Imperi centrali (ovvero Germania e Austria).
Già ad agosto entra a fianco dell’Intesa il Giappone, il cui obiettivo principale è impossessarsi delle colonie asiatiche della Germania.
A novembre entra invece in campo l’impero ottomano affianco ai tedeschi, soprattutto in funzione antirussa.

Il 1915

Nell’aprile 1915 il Regno Unito lancia un piano per tagliare fuori l’impero Ottomano dal conflitto, lanciando una offensiva a sorpresa su Gallipoli, per prendere lo stretto dei Dardanelli: la resistenza turca avrebbe però annientato il tentativo inglese, prolungando così ulteriormente i tempi del conflitto.
Nelle stesse settimane in cui il Regno Unito lancia la campagna di Gallipoli, l’Italia, il 24 maggio, entra nel conflitto affianco alle potenze dell’Intesa, aprendo così un terzo fronte di guerra.
L’esercito italiano, guidato dal generale Cadorna, lancia subito dopo la dichiarazione di guerra una serie di offensive sul fiume Isonzo, nessuna delle quali riuscirà però a far crollare la resistenza austriaca.
Neanche l’entrata in guerra dell’Italia sblocca dunque la situazione e il conflitto va ulteriormente allungandosi, spingendo altre forze, in cerca di vantaggi territoriali, a entrare in campo: nello stesso 1915 entra affianco agli imperi centrali la Bulgaria, l’anno successivo la Romania e il Portogallo con le potenze dell’Intesa.

Il 1916: l’anno delle grandi stragi

Siamo dunque al 1916, ricordato come l’anno delle grandi stragi, dovute a un sistema di trincee sempre più consolidato e a una incapacità di pensare strategie innovative, in grado di uscire dalla logica dell’assalto frontale.
Nel febbraio 1916 inizia una vasta offensiva tedesca nella regione di Verdun. Dopo sei inutili mesi di battaglia e trecentomila morti, gli anglo-francesi tentano la controffensiva sul fiume Somme nell’estate dello stesso anno. Anch’essa si sarebbe risolta con un nulla di fatto, ma avrebbe prodotto più di un milione di morti.
In mezzo a queste due grandi battaglie si svolge l’unica importante battaglia navale della prima guerra mondiale, la battaglia dello Jutland, fra la flotta tedesca e la flotta inglese. I tedeschi avrebbero inflitto importanti perdite agli inglesi, ma fallisce l’obiettivo principale, ovvero ottenere la supremazia navale.

1917: l’anno della svolta

La svolta nel conflitto sarebbe arrivata solo a partire dal 1917.
Agli inizi dell’anno l’impero russo entra in crisi, una rivoluzione abbatte il potere dello zar. Da questo momento inizia un disimpegno dell’esercito russo dal fronte orientale, che precede la definitiva uscita della Russia dalla guerra nel marzo del 1918.
Allo stesso tempo però entrano nel conflitto gli Stati Uniti, guidati dal presidente Wilson, che dichiarano guerra alla Germania nell’aprile 1917.
La potenza statunitense non può far sentire però sin da subito il suo peso nel conflitto, dovendo prima mobilitare le sue risorse e reindirizzare la produzione a fini bellici. Inizialmente pesa anzi molto di più la graduale uscita russa dal conflitto, che permette ai tedeschi di reimpiegare le proprie truppe sugli altri fronti.

La prima conseguenza si avverte in Italia, dove il 24 ottobre 1917 inizia la battaglia di Caporetto. Le truppe austro-tedesche sfondano a Caporetto le linee italiane e invece di consolidare le proprie posizioni, come tipico nella guerra di trincea, penetrano in profondità nel territorio italiano, mettendo l’esercito italiano in rotta. A dare il senso della disfatta non sono tanto i 40mila morti italiani della battaglia, quanto i 280mila prigionieri, i 350mila allo sbando e i 400mila civili in fuga.
Nonostante la crisi, l’esercito italiano riesce comunque a ricompattarsi: Cadorna, capo dell’esercito, viene sostituito con Diaz, che riesce a rinvigorire il morale delle truppe e a organizzare una linea difensiva sul fiume Piave.

Il 1918: l’ultimo anno di guerra

Agli inizia del 1918 poi, sfruttando sempre le truppe provenienti dal fronte russo, l’esercito tedesco lancia una nuova offensiva sul fronte francese. Arrivati però a 60 chilometri da Parigi, i tedeschi vengono respinti: decisivo comincia infatti a risultare ora il peso delle forze statunitense.
La battaglia decisiva si svolge nell’agosto del 1918, quando le truppe tedesche vengono superate ad Amiens e costrette all’inizio della ritirata.

Il conflitto si risolve fra l’ottobre e il novembre.
Il 30 ottobre il primo ad arrendersi è l’impero ottomano, ormai sconvolto dalle vaste rivolte nazionaliste nei suoi territori medio-orientali, rivolte fomentate dagli inglesi a partire dal 1916.
Subito dopo l’impero ottomano è l’impero austriaco ad arrendersi: alla fine del mese di ottobre iniziano a ribellioni indipendentiste all’interno dell’impero e, soprattutto, a partire dal 24 ottobre inizia la battaglia di Vittorio Veneto che porterà le truppe italiane a sfondare il fronte austriaco e costringere l’Austria all’armistizio, proclamato il 4 novembre.
Ultima a cedere è la Germania. Benché non ancora invasa nel suo territorio, la Germania appare infatti allo stremo delle forze: il 9 novembre l’imperatore fugge dal Paese e viene proclamato un governo provvisorio che si affretta a chiedere la pace. L’11 novembre la Grande Guerra finisce definitivamente. 

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