Quella di Pitagora è una figura avvolta dal mistero della leggenda a cui si attribuiscono aneddoti che spesso sfociano in episodi miracolosi e una sapienza di natura divina. Quello che sappiamo con maggiore certezza è che nasce fra il 570 e il 560 a.C. sull’isola di Samo e che, dopo aver probabilmente viaggiato a lungo specialmente in Oriente, che fra il 530 e il 520 a.C. si stabilisce nella Magna Grecia, a Crotone.
La setta pitagorica
A Crotone dà vita a una setta religiosa, organizzata come una comunità di iniziati suddivisi gerarchicamente, all’interno della quale si praticano riti e pratiche esoteriche di natura orfica. La dottrina centrale nella setta pitagorica è quella della metempsicosi, ovvero il credere all’immortalità dell’anima e alla sua trasmigrazione attraverso corpi mortali.
La setta pitagorica finirà per avere un ruolo politico di rilievo nella città – sostenendo un regime oligarchico. Sul suo esempio ne sorgeranno altri simili in altri luoghi della Magna Grecia, sostenendo la nascita di regimi oligarchici. Ma proprio per questo Pitagora si circonderà di nemici e scoppieranno una serie di rivolte e violenze contro le comunità pitagoriche. Proprio per questo motivo Pitagora si troverà costretto a fuggire da Crotone a Metaponto, dove morirà intorno al 490 a.C.
La matematica nella filosofia pitagorica
Sul piano filosofico, l’impatto più rilevante di Pitagora e del pitagorismo in generale, termine con cui ci si riferisce all’attività delle scuole pitagoriche, è l’idea che l’intero universo sia comprensibile in termini matematici, ovvero che la natura esprima una sua armonia che è traducibile in proporzioni numeriche.
A partire da questa intuizione, i pitagorici attribuiscono ai numeri un profondo significato simbolico, cosa che si può vedere in diverse direzioni:
1. Attribuendo ai singoli numeri uno specifico concetto (ad esempio il numero 4 viene associato al concetto di giustizia)
2. Raffigurando fisicamente i numeri e quindi attribuendo a specifiche figure numeriche determinate valenze simboliche. L’esempio più noto è la tetraktys, figura che rappresenta il 10 e che è considerata una figura perfetta, in quanto contiene in sé gli elementi fondamentali della geometria: 1 = punto; 2 = linea; 3 = piano; 4= volume
3. In terzo luogo, i pitagorici affermano che si possono utilizzare i numeri per un’interpretazione complessiva delle cose del mondo. Ad esempio, per i pitagorici la realtà si fonda su una opposizione delle cose (ad esempio in natura possiamo trovare elementi contrapposti: retta-curva, luce-tenebra, bene-male ecc…): ma questa opposizione delle cose naturali è contenuta nella struttura stessa dei numeri, che fondata sulla opposizione fra pari e dispari, per cui possiamo dire che i numeri rappresentano la realtà. Ma la realtà non si fonda solo sulla contrapposizione di opposti, perché questa contrapposizione è contenuta nell’unità del tutto. Anche in questo caso, i numeri spiegano questo volto della realtà: infatti per i Pitagorici un numero fondamentale è il numero uno, che rappresenta al contempo l’unità del tutto che genera le singole cose (l’uno infatti è chiamato anche il numero parimpari, ovvero se aggiunto a un numero pari genera un dispari e viceversa: in questa sua qualità ritroviamo dunque il concetto per cui dall’unità del tutto nascono le singole cose fra di loro opposte, ma contenute dentro a un’armonia generale).
Per concludere
Alla luce di quanto abbiamo visto, possiamo affermare che la scuola pitagorica afferma dunque che la sostanza di ogni cosa sia determinata dai numeri, così facendo un salto in avanti rispetto ai filosofi ionici che cercavano la sostanza negli elementi fisici.
Se questa idea di base avrebbe prodotto nei pitagorici la ricerca di una valenza esoterica dei numeri, essa avrebbe avuto comunque una influenza molto profonda nel pensiero occidentale, sostenendo l’idea di una struttura del reale comprensibile attraverso la matematica. Detto in altri termini, Pitagora infatti sostiene che esista un sistema di comprensione della realtà di tipo matematico, ovvero che a partire da certi teoremi e assiomi si possano dedurre le singole verità: è quindi l’idea di un sistema di verità stabili ed eterne, a prescindere dalla mutabilità dei sensi.