
Guglielmo di Ockham è uno dei pensatori fondamentali nel determinare la fine della stagione della scolastica e, con essa, il passaggio da una mentalità tipica della cultura medievale a una che invece caratterizzerà l’età moderna.
Il perno a cui ruota tutto il pensiero di Guglielmo è la separazione fra fede e ragione.
L’intera cultura della scolastica aveva affermato infatti che fede e ragione sono connesse, il che vuol dire che tramite la ragione ci è possibile comprendere Dio e l’ordine che Dio ha dato al mondo. Guglielmo invece afferma che la natura divina è incomprensibile alla ragione umana.
Quali sono le conseguenze di questa impostazione? Principalmente due.
- Conoscenza della fede = occorre affermare che Dio è inconoscibile e dunque:
- Non possiamo descrivere Dio e i suoi attributi
- Non possiamo dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio
- Non possiamo descrivere l’ordine che eventualmente Dio dà al mondo
- Conoscenza della natura = l’unica conoscenza valida è quella che deriva dall’esperienza. Per questo l’approccio di Guglielmo è definito empirista (il filone empirista sarà fondamentale nella tradizione filosofica britannica). I gradi della conoscenza, che appunto deriva dall’esperienza, sono tre:
- Conoscenza intuitiva perfetta = determinata dall’esperienza diretta di qualcosa
- Conoscenza intuitiva imperfetta = determinata dal ricordo di una esperienza
- Conoscenza astrattiva = dall’esperienza di tanti singoli casi concreti si arriva a generalizzare un concetto
La critica alla metafisica
Se ogni conoscenza deriva esclusivamente dall’esperienza, vuol dire anche – secondo Guglielmo – che non vi può essere nessuna conoscenza di tipo metafisico, ovvero nessuna conoscenza che viene da una realtà che è al di là della natura di cui posso fare esperienza.
In particolare, Guglielmo critica tre approcci metafisici che caratterizzano tipicamente la filosofia e che sono tradizionalmente elevati a conoscenza valida: il concetto di sostanza, il concetto di causa-effetto, il concetto di fine.
- Concetto di sostanza = per sostanza si intende una realtà che esiste al di là delle singole cose, dei singoli particolari. Concetti universali come uomo, cane, gatto, albero, sono tradizionalmente considerati dalla storia della filosofia come realtà eterne, che esistono al di là delle singole cose. Esiste il concetto di uomo e dunque esistono i singoli uomini, detta in altri termini. E dunque, i singoli uomini condividono tutti la sostanza dell’umanità. E invece, dice Guglielmo, io non faccio mai esperienza di questa ipotetica sostanza: io faccio esperienza di tanti singoli individui – con le loro caratteristiche particolari. Sono poi io ad attribuire un segno a questi casi particolari, ovvero etichettarli con un termine che li riunisce tutti in un unico insieme, l’insieme degli uomini. Questo approccio è infatti definito nominalista, ovvero i nomi astratti (uomo, cane, gatto) non derivano da sostanze universali ma da un’operazione con cui l’uomo nomina le singole cose del mondo.
- Concetto di causa-effetto = noi siamo abituati a ragionare in termini di causa-effetto: ovvero a una determinata azione sappiamo che seguirà un determinato effetto. Ma questo è un ragionamento metafisico dice Guglielmo, perché va al di là dell’esperienza. Io posso fare un’azione e vedere il suo effetto e in quel caso determinare che c’è stato un rapporto causa-effetto: ma non posso affermare che questo nesso si replicherà in futuro, fino a che non ne faccio effettivamente esperienza.
- Concetto di fine = la gran parte della tradizione filosofica è di tipo finalistico, ovvero afferma che vi è un ordine del mondo per cui tutto quello che accade, accade perché deve accadere, deve compiersi un certo scopo. Anche in questo caso, secondo Guglielmo, siamo però nel campo della metafisica, perché non ho gli strumenti per determinare l’esistenza di una volontà che fa sì che tutto accada per uno scopo.
Il principio di economia
Affermando che tutto quello che possiamo conoscere sta nel campo dell’esperienza e che non possiamo avere conoscenze metafisiche, Guglielmo arriva a stabilire un principio che dovrebbe guidare il nostro approccio conoscitivo del mondo. Questo principio è detto di economia e si fonda su un assunto: quando cerchiamo di conoscere qualcosa, non dobbiamo darci più spiegazioni di quante siano strettamente necessarie. Questo principio è anche detto rasoio di Ockham, per indicare appunto l’idea che occorre tagliare, metaforicamente col rasoio, tutte le spiegazioni e le indicazioni superflue. A partire da questo principio di base, Guglielmo deriva tutta una serie di massime che appunto ci dovrebbero guidare nel nostro approccio alla conoscenza delle cose. Massime come: “a parità di fattori, la spiegazione più semplice è da preferire”