Locke: il pensiero politico attraverso gli scritti

Locke è un contrattualista, quindi parte dall’ipotesi di quale sia la condizione dell’uomo nello stato di natura. Dallo stato di natura derivano le leggi di natura:

Documento 1: lo stato di natura

Per comprendere rettamente il potere politico, e derivarlo dalla sua origine, dobbiamo considerare quale sia lo stato in cui gli uomini si trovano per natura. È uno stato di libertà perfetta di ordinare le proprie azioni, di disporre delle proprietà e delle persone come meglio si ritiene, entro i limiti della legge di natura, senza chiedere il permesso a nessuno e senza dipendere dalla volontà di nessuno.
Si tratta anche di uno stato di eguaglianza, nel quale ogni potere e ogni giurisdizione è reciproca, perché nessuno ha piú potere o piú giurisdizione di un altro. Perché non c’è nulla di piú evidente di questo, che creature della stessa specie e della stessa razza, nate indistintamente per godere, nello stesso grado, di tutti i vantaggi della natura, e per usare le medesime facoltà, dovrebbero anche essere reciprocamente uguali, senza subordinazione o soggezione, a meno che il signore e padrone di tutte quelle creature, con una manifesta dichiarazione della sua volontà, abbia posto uno sopra un altro, e gli abbia conferito, con designazione evidente e chiara, un indubitabile diritto al dominio e alla sovranità. […]
Lo stato di natura ha una legge di natura che lo governa, e che obbliga ciascun uomo. E la ragione, che è questa legge, insegna a tutti gli uomini, purché vogliano consultarla, che sono tutti uguali e indipendenti, e perciò nessuno deve recare danno ad un altro nella vita, salute, libertà o proprietà

Fra i diritti naturali vi è quello alla proprietà privata, che trae la sua legittimazione dal lavoro che l’uomo produce:

Documento 2: la proprietà privata come diritto naturale
(Secondo trattato sul governo)

E non è cosí strano, come forse può apparire prima di considerarlo, che la proprietà del lavoro sia in grado di dar piú vantaggi della comunità della terra, perché è proprio il lavoro quello che pone la differenza di valore in ogni cosa… Penso che sarà un conto molto moderato dire che dei prodotti della terra utili alla vita dell’uomo i nove decimi sono effetti del lavoro; anzi, se vogliamo esattamente considerare le cose, badando a come sono quando le usiamo e tener conto delle diverse spese che si sopportano per averle, ciò che in esse è dovuto soltanto alla natura e ciò che in esse è dovuto al lavoro, troveremo che nella maggior parte di esse i novantanove centesimi sono da porre completamente sul conto del lavoro.
Da tutto ciò è evidente che, sebbene le cose della natura siano date in comune, tuttavia l’uomo, essendo padrone di se stesso e proprietario della propria persona e delle sue azioni, ossia del lavoro che compie, ha ancora in se stesso il grande fondamento della proprietà. Perciò ciò che ha costituito la gran parte di quello che l’uomo ha applicato per conservare il proprio essere e per rendere la sua esistenza piú confortevole, dopo che l’invenzione e le arti hanno di gran lunga accresciuto i beni utili alla vita, ha costituito una proprietà perfetta di ciascun uomo, e non è piú stato partecipato in comune con gli altri.

Sebbene la ragione umana inviti alla ricerca della pace, non vi sono le condizioni che la assicurino effettivamente: per questo motivo si creano le condizioni per l’uscita dallo stato di natura:

Documento 3: sulle condizioni dell’uscita dallo stato di natura
(Secondo trattato sul governo)

Lo stato di guerra è uno stato di ostilità e di distruzione. Perciò chi dichiara con la parola o con l’azione un progetto, non passionale e precipitato, ma calmo e determinato, sulla vita di un altro uomo, si pone in uno stato di guerra nei confronti di colui contro il quale ha dichiarato un’intenzione di questo genere, e cosí ha esposto la propria vita al potere di un altro, perché essa può essere eliminata dalla persona con la quale è entrata in ostilità o da chiunque altro si sia unito con lui nella sua difesa e ne abbia sposato la causa: infatti è ragionevole e giusto che io abbia il diritto di distruggere ciò che mi minaccia di distruzione (…).
Evitare questo stato di guerra, nel quale non è possibile appellarsi se non al cielo, e nel quale anche la piú piccola differenza può determinare l’esito della controversia, poiché non c’è nessuna autorità che decida tra i contendenti, questa è l’unica grande ragione per la quale gli uomini si mettono in società e abbandonano lo stato di natura.

Nei due successivi documenti vediamo quali sono le fondamenta su cui si poggia lo stato civile, in un approccio strettamente giusnaturalista:

Documento 4: dallo stato di natura allo stato civile
(Secondo trattato sul governo)

Come è stato detto, tutti gli uomini sono per natura liberi, uguali e indipendenti, e nessuno può essere tolto da questo stato e sottomesso al potere politico di un altro senza il proprio consenso. L’unico modo in cui uno si priva della propria libertà naturale e accetta i vincoli della società civile è l’accordo con gli altri uomini di congiungersi e unirsi in una comunità per convivere gli uni con gli altri in maniera comoda, sicura e pacifica, nel godimento sicuro delle loro proprietà e con una maggiore sicurezza contro chiunque non faccia parte di quella comunità. Questo può essere fatto da un numero qualsiasi di uomini, perché non reca danno alla libertà degli altri, che sono lasciati come se fossero nello stato di libertà proprio dello stato di natura. Quando un numero qualsiasi di uomini hanno a questo modo consentito di fare una comunità o un governo, essi sono immediatamente incorporati, e costituiscono un unico corpo politico; nel quale la maggioranza ha il diritto di agire e di concludere per il resto.

Documento 5: sullo stato politico
(Secondo trattato sul governo)

il fine grande e principale per cui gli uomini si riuniscono in comunità politiche e si sottopongono a un governo è la conservazione della loro proprietà. A questo fine infatti nello stato di natura mancano molte cose. In primo luogo manca una legge stabilita, fissa e conosciuta. In secondo luogo, nello stato di natura manca un giudice noto e imparziale, con l’autorità di decidere tutte le controversie in base ad una legge stabilita. In terzo luogo, nello stato di natura manca spesso un potere che sostenga e sorregga la sentenza, quando essa è giusta, e ne dia la dovuta esecuzione.
Ma, sebbene gli uomini, quando entrano a far parte della società, rinuncino all’eguaglianza, libertà e potere esecutivo che avevano nello stato di natura, per riporre queste cose nelle mani della società, affinché il potere legislativo ne disponga nella misura richiesta dal bene della società, tuttavia, poiché ciascuno fa ciò soltanto con l’intenzione di meglio conservare per se stesso la libertà e la proprietà (dal momento che non si può supporre che nessuna creatura razionale cambi la propria condizione con l’intenzione di peggiorarla), non si può mai supporre che il potere della società, ossia il potere legislativo costituito dai membri della società, si estenda al di là del bene comune; anzi esso è obbligato ad assicurare a ciascuno la sua proprietà

Locke è fra i teorici del concetto di diritti naturali che devono essere preservati dallo Stato. In particolare Locke si concentra sul concetto di diritti civili:

Documento 6: sui beni civili
(Lettera sulla tolleranza)

Lo Stato mi sembra la società degli uomini costituita soltanto per conservare e accrescere i loro beni civili. Chiamo beni civili la vita, la libertà, l’integrità del corpo e la sua immunità dal dolore, e il possesso delle cose esterne, come la terra, il denaro, le suppellettili ecc

Mentre Hobbes è il teorico dell’assolutismo, Locke è il teorico del liberalismo: lo Stato ha quindi una serie di limiti di intervento sugli individui, proprio al fine di garantire le libertà individuali

Documento 7: sui limiti del potere legislativo
(Secondo trattato sul governo)

il potere legislativo non è né può assolutamente essere in nessuna eventualità un potere arbitrario sulla vita e le fortune del popolo (…). Le obbligazioni della legge di natura non vengono meno nella società, ma semplicemente in molti casi sono stabilite in maniera piú stretta e ricevono, per opera delle leggi umane, pene note collegate a esse, per rafforzare la loro osservanza. Perciò la legge di natura rimane come una regola eterna per tutti gli uomini, per i legislatori come per gli altri. Le regole che i legislatori elaborano per le azioni degli altri uomini, devono essere, esattamente come le azioni proprie e degli altri, conformi alla legge di natura, cioè alla volontà di Dio, della quale la legge di natura è una dichiarazione. (…)  In secondo luogo il potere legislativo, ossia l’autorità suprema, non può arrogarsi il potere di governare con decreti arbitrari estemporanei, ma è tenuta ad amministrare la giustizia e a decidere del diritto dei sudditi con leggi stabili e promulgate, e per mezzo di giudici noti e autorizzati. In terzo luogo il supremo potere non può togliere a nessun uomo nessuna parte della sua proprietà senza il suo consenso.

Una caratteristica che assicura il liberalismo è quella della divisione dei poteri. Questo discorso verrà approfondito da Montesquieu, ma trova una prima teorizzazione in Locke:

Documento 8: sulla separazione dei poteri
(Secondo trattato sul governo)

Il potere legislativo è quello che ha il diritto di dare direttive sul modo in cui la forza della comunità politica deve essere impiegata per conservare la comunità e i membri di essa. (…)Ma poiché le leggi, che sono fatte tutte insieme e in breve tempo, hanno una forza costante e duratura, hanno bisogno di un’esecuzione continua e richiedono che qualcuno si prenda cura che questa esecuzione avvenga, è necessario che ci sia un potere sempre in funzione, che vigili sull’esecuzione delle leggi che sono fatte, e che rimanga in forza. E cosí il potere legislativo e il potere esecutivo vengono spesso a essere separati.
C’è un altro potere in ogni comunità politica che si potrebbe chiamare naturale, perché è quello che risponde al potere che ogni uomo naturalmente ha prima di essere entrato in una società, il potere di guerra e di pace, di stipulare leghe e alleanze, e di fare tutte le transazioni possibili con tutte le persone e le comunità fuori della politica; e questo potere può essere chiamato federativo, se a qualcuno cosí piace.
Sebbene, come ho detto, il potere esecutivo e il potere federativo di ogni comunità siano realmente distinti in se stessi, tuttavia essi possono difficilmente essere separati, e collocati, nello stesso tempo, nelle mani di persone distinte.

Oltre alla separazione dei poteri, fondamentale, per Locke, è che uno stato sia laico, ovvero che sia assicurata la separazione fra Stato e Chiesa:

Documento 9: sulla separazione fra Stato e Chiesa
(Lettera sulla tolleranza)

Il fine della società religiosa, come si è detto, è il culto di Dio e, attraverso di esso, l’acquisto della vita eterna. A questo pertanto deve tendere tutta la disciplina, e entro questi limiti devono essere contenute tutte le leggi ecclesiastiche. In questa società non si fa nulla, né si può far nulla, che concerna il possesso dei beni civili o terreni; per nessuna causa in essa si deve usare la forza, che appartiene tutta al magistrato civile, al cui potere sono sottoposti il possesso e l’uso dei beni esterni.

Cosa succede se uno Stato diventa opprimente e reprime le libertà individuali? Locke, a differenza di Hobbes, teorizza il diritto alla ribellione

Documento 10: il diritto a ribellarsi alla tirannide
(Secondo trattato sul governo)

Come l’usurpazione è l’esercizio di un potere a cui un altro ha diritto, cosí la tirannide è l’esercizio del potere oltre il diritto, a cui nessuno può aver diritto. (….) Ma allora ci si può opporre ai comandi di un principe? (…) A questo rispondo che la forza deve essere opposta soltanto alla forza ingiusta e illegale. Chiunque fa opposizione in qualsiasi altro caso, attira su di sé una giusta condanna sia di Dio sia dell’uomo; e cosí non ne seguirà nessuno di quei pericoli e di quelle confusioni, che spesso vengono suggerite.
Se gli atti legali si sono estesi alla maggioranza del popolo, o se il maltrattamento e l’oppressione hanno toccato soltanto poche persone, ma in casi tali, che essi costituiscono un precedente e hanno conseguenze che sembrano minacciare tutti gli altri, e se questi sono persuasi nelle loro coscienze, che le leggi e con esse le loro proprietà, libertà e vite sono in pericolo, e forse lo è perfino la loro religione, non saprei dire come si possa impedir loro di far resistenza alla forza illegale usata nei loro confronti. 

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