La guerra fredda. Parte 2: dalla cooperazione alla cortina di ferro

Nel post precedente abbiamo visto cosa si intende per guerra fredda. Ora vediamo come si passa dal tentativo di cooperazione internazionale alla rottura fra Usa e Urss.



Innanzitutto dobbiamo chiederci: la rottura fra Usa e Urss è inevitabile?

La risposta è no. Verso la fine della guerra si dà vita ad una serie di organizzazioni internazionali nell’ottica di creare un nuovo ordine mondiale fondato sull’integrazione e la cooperazione. Le istituzioni più importanti in questo senso sono: il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale (create come conseguenza degli Accordi di Bretton Woods del 1944) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite (fondata nel 1945).
Allo stesso tempo però vi è una forte tensione legata alla situazione nel dopoguerra: le truppe angloamericane hanno infatti occupato nel corso della guerra i paesi dell’Europa Occidentale, quelle sovietiche l’Europa Orientale. Il problema che quindi si pone è: che tipo di equilibrio è possibile arrivare a creare? Che tipo di regimi nasceranno?

A questo punto la domanda è: quali sono gli obiettivi statunitensi e sovietici rispetto all’equilibrio del dopoguerra?

Gli Stati Uniti hanno tre obiettivi principali:
1. mantenere il ruolo di prima potenza militare a livello globale
2. impedire che una sola potenza possa essere in grado di dominare sull’Europa = questa prospettiva è minacciata dalla debolezza del Regno Unito che sembra aprire le porte all’egemonia sovietica
3. impedire che in Europa si tornino a creare regimi dittatoriali che nascono da una situazione di emergenza economica = per evitare questo pericolo gli Usa ritengono che l’unico modo sia creare una rete di democrazie dentro a un contesto di libero mercato in grado di assicurare prosperità e benessere
Per realizzare tutti questi obiettivi gli Usa si convincono che l’unica possibilità è quella di intervenire direttamente negli equilibri geopolitici d’Europa.
Per quanto riguarda i sovietici invece gli obiettivi principali sono:
1. creare una vasta zona di sicurezza intorno ai propri confini, assicurandosi un controllo diretto o indiretto dei Paesi dell’Europa orientale e impedendo in qualunque modo una rinascita della potenza tedesca
2. vedersi riconosciuto il proprio status di superpotenza a livello globale

In questo contesto un ruolo fondamentale è giocato dalla Germania. Qual è la situazione tedesca nel dopoguerra?

Nella conferenza di Potsdam (luglio-agosto 1945) Truman, Stalin e Attlee decidono di dividere la Germania in quattro zone di occupazione (statunitense, sovietica, inglese, francese) e procedere alla denaficazione del Paese. Allo stesso tempo emerge una volontà punitiva nei confronti dei tedeschi e quindi la volontà di controllare la Germania sul piano economico e militare.
Le cose però cambiano rapidamente nella prospettiva statunitense: in maniera conseguenziale agli obiettivi che – come abbiamo appena visto – l’amministrazione americana si pone, Truman si convince che il modo migliore per assicurarsi la stabilità futura dell’Europa è rilanciare la Germania sul piano economico.

Questa situazione genera il cosiddetto “dilemma della sicurezza”: cosa si intende?

Dalla prospettiva sovietica le esigenze di sicurezza possono essere garantite solo attraverso uno stretto controllo sull’Europa Orientale e attraverso la creazione di una Germania neutrale sul piano politico e debole sul piano economico. In questo senso, gli obiettivi statunitensi vengono visti come una potenziale minaccia alla sicurezza dell’Urss.
Nella prospettiva statunitense, invece, la sicurezza del continente europeo può essere garantita solo dalla diffusione di regimi democratici in tutta Europa, da un loro rilancio economico, in particolare per quanto riguarda la situazione tedesca. In altri termini, le esigenze dell’Urss vengono viste come una minaccia alla sicurezza europea e dunque come segno di una volontà espansionistica del regime comunista.
Per dilemma della sicurezza si intende dunque proprio questo: ciò che da una potenza è inteso come fattore di sicurezza interno viene visto dall’altra potenza come minaccia espansionista, e viceversa.
La conseguenza è che i passi che verranno fatti per garantire la sicurezza di una parte (da parte sovietica quello di stringere il controllo sui Paesi dell’Europa orientale, da parte americana quello di avviare un rilancio delle aree tedesche sottoposte all’occupazione occidentale) finiranno per apparire all’altra parte come una fonte di minaccia, generando così un’escalation di tensione.

In questo contesto si comincia a parlare di cortina di ferro. Cosa si intende?

Di fronte al dilemma della sicurezza le due parti cominciano a rinunciare a forme di cooperazione internazionale e si cominciano a impegnare in maniera sempre più rapida per creare un blocco di alleanze quanto più stringente possibile sul continente europeo. La tensione fra le due superpotenze comincia così a crescere in maniera esponenziale.
Questa tensione è riassunta da un celebre discorso che Winston Churchill pronuncia nel marzo 1946 sostenendo che una cortina di ferro è scesa a dividere il continente europeo.

Continua…leggi: la dottrina del contenimento e la tesi dei campi opposti


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