Come abbiamo visto qui, nel 1964 Kruscev viene messo da parte da un colpo di mano che porta al vertice del partito Leonida Breznev.
Come si caratterizza la politica di Breznev rispetto a quella del predecessore?
La parola chiave che guida le scelte di Breznev è quella della normalizzazione. La stagione di Kruscev è stata vista dal gruppo che fa capo a Breznev come caratterizzata da un eccesso di avventurismo in politica estera – vedi la crisi di Cuba ad esempio – e da aperture troppo rischiose in politica interna – vedi ad esempio le conseguenze dell’avvio della destalinizzazione nel 1956.
Rispetto a questa politica, gli obiettivi che Breznev si propone soprattutto due:
-una politica di riarmo che ha come scopo quello di raggiungere una parità strategica con gli Stati Uniti
-una politica di stretto controllo del dissenso nei paesi nell’orbita dell’Urss

L’assetto impostato da Breznev è messo a rischio dalla “primavera di Praga”: cosa si intende?
Agli inizi del 1968 la guida del Partito comunista cecoslovacco viene assunta da Alexander Dubcek, un riformista che guarda con favore alle richieste di democratizzazione che attraversano la società cecoslovacca. Giunto al potere Dubcek dà così avvio a una serie di riforme – dall’abolizione della censura alla libertà di associazione, passando per l’introduzione di elementi di economia privata – che nel loro insieme hanno lo scopo di produrre quello che Dubcek chiama un socialismo dal volto umano. L’idea di Dubcek è infatti quella di rimanere all’interno del blocco sovietico ma attuando profondi rivolgimenti che assicurino al governo il consenso della popolazione.
La politica di Dubcek si inserisce in un periodo di grandi fermenti sociali che in generale attraversano il mondo occidentale, ma che in parte penetrano anche il mondo orientale: le sue scelte sono così accompagnate da manifestazioni che coinvolgono giovani ed intellettuali, che nel loro complesso sono ricordate con il termine di “primavera di Praga”.

La risposta di Breznev alla “primavera di Praga” è la “dottrina della sovranità limitata”: cosa significa?
Le riforme attuate a Praga e le ampie manifestazioni di sostegno a Dubcek e di critica a Mosca, mettono in serio allarme il programma di normalizzazione di Breznev. Questi decide così di porre fine all’iniziativa di Dubcek inviando nell’agosto dello stesso 1968 i carri armati a Praga e reprimendo militarmente il dilagante dissenso cecoslovacco.
Per giustificare la sua azione, Breznev sostiene una tesi che poi nel suo complesso viene definita come “dottrina della sovranità limitata”. Questa consiste, nella sostanza, nell’idea che i paesi dell’Europa orientale non godono di una piena indipendenza, ma che essa è limitata agli interessi sovietici.
La posizione assunta da Breznev suscita alcuni contraccolpi:
-dure critiche arrivano dalla Romania di Ceausescu, che rimarca la propria autonomia da Mosca;
-l’Albania – dove è in piedi un regime comunista filocinese – coglie l’occasione per lasciare il patto di Varsavia
-negli anni Settanta i partiti comunisti italiano, francese e spagnolo avviano una politica che rivendica una maggiore autonomia da Mosca, dando avvio al cosiddetto eurocomunismo. Un progetto che non sfocia in un cambiamento concreto ma che mostra uno scollamento dal controllo sovietico;
In generale però l’azione di Breznev ha successo e per più di un altro decennio il controllo dell’Europa orientale da parte di Mosca sarà mantenuto senza ulteriori problemi e, come si è detto, l’eurocomunismo non produce un distacco vero fra i partiti europei e quello sovietico.
Per chiudere: una curiosità
Una delle immagini più iconiche della guerra fredda è la fotografia di un bacio sulle labbra scambiato nel 1979 da Breznev e Honecker, leader della Germania Est. Il gesto è noto come “bacio fraterno” e ha un valore simbolico in quanto vuole rappresentare la presenza di un forte legame. In questo gesto vediamo dunque uno dei capisaldi della guerra fredda, ovvero lo stretto rapporto fra l’Urss e la Germania dell’Est. Rapporto che rimanda, in generale, al tema qui trattato, ovvero del controllo sovietico sull’Europa orientale.
Dopo la caduta del muro di Berlino questo momento diventerà uno dei graffiti più iconici della East Side Gallery, un tratto di muro rimasto in piedi dopo il 1989 che è diventato un museo a cielo aperto, ricoperto di opere che richiamano la stagione della guerra fredda e in generale i temi della pace.

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