L’Italia nel Basso Medioevo: Comuni e regno di Sicilia

Nel corso del Basso Medioevo la penisola italiana si divide in tre blocchi politici diversi:

  • Nel Nord, che costituisce teoricamente il regno d’Italia sotto la sovranità dell’imperatore, vanno a svilupparsi i Comuni che poi evolveranno verso la forma di principati
  • Nel Centro prende forma lo Stato della Chiesa, una monarchia teocratica sotto l’autorità del pontefice
  • Nel Sud si sviluppa il Regno di Sicilia, che poi si scinde in due tronconi, Napoli e Sicilia

1. I Comuni: uno sguardo d’insieme

I Comuni rappresentano un’originalità sostanzialmente italiana nel quadro medievale. Per Comune si intende una città in cui:

  • Nascono delle associazioni tra privati dette coniurationes che hanno lo scopo di governare la città in vista di un interesse in comune (communis)
  • Queste coniurationes ottengono dall’imperatore o dai signori feudali una serie di libertà (economiche, giuridiche, amministrative)
  • Le forme di autogoverno cittadino vengono regolate da statuti

I Comuni si sviluppano in diverse aree europee, come in Francia, in Germania o nei Paesi Bassi, ma solo in Italia (e in parte del Sud della Francia) queste realtà acquistano un tale grado di autonomia da renderle vere e proprie città-stato dotate di indipendenza e libertà di manovra sul piano militare e politico.

Altra caratteristica del movimento comunale italiano è la forte conflittualità dentro i Comuni e fra i Comuni, il che produce grandi divisioni politiche che portano ad una situazione costante di lotte intestine e guerre fra le varie città.

2. I Comuni: nascita ed evoluzione

In Italia la formazione di statuti comunali comincia a verificarsi nella metà dell’XI secolo. Tradizionalmente le città italiane sono governate dai vescovi, ma accanto ad essi cominciano a svilupparsi istituzioni comunali che agiscono in maniera autonoma e che finiscono per esautorare i vescovi dal loro ruolo politico.

La prima fase della storia comunale è detta consolare. In questa fase:

  • Il potere è affidato a dei consoli che sono almeno due ed in carica per un periodo di tempo limitato
  • La scelta dei consoli è affidata ad un’assemblea (arengo) composta da coloro che detengono i diritti di cittadinanza (solitamente accordati a chi paga una certa quantità di imposte grazie alla sua proprietà privata)
  • Accanto ai consoli vi sono dei consigli ristretti (che prendono nomi diversi da città in città) in cui siedono i rappresentanti dell’aristocrazia, dando così in questa fase un carattere oligarchico ai Comuni

Già a partire da questa stagione, i Comuni si sviluppano fuori dalle cinte murarie conquistando il contado, ovvero la campagna circostante, creando così un potere territoriale.

Un salto di qualità per quanto riguarda le autonomie comunali arriva in seguito allo scontro con Federico Barbarossa. Questi con la dieta di Roncaglia del 1158 sostiene che i Comuni si sono appropriati in maniera illecita delle regalie, ovvero di una serie di diritti imperiali (come battere moneta, nominare le cariche pubbliche, riscuotere le imposte, stabilire regole commerciali, gestire strade e fiumi, ecc…). Lo scontro scoppia con Federico perché questi:

  • Vuole imporre ai Comuni il divieto di alleanze militari e di muovere guerra
  • Vuole imporre ai Comuni delle imposte per continuare a godere delle regalie
  • Vuole imporre ai Comuni magistrati (=funzionari pubblici) nominati dall’imperatore stesso

La gran parte dei Comuni italiani, anche con il sostegno di papa Alessandro III, costituisce un’alleanza militare, la Lega Lombarda (1167) che entra in guerra con Federico. Nel 1176 la vittoria comunale nella battaglia di Legnano spinge Federico a rinunciare ai suoi propositi.

Nel 1183 viene firmata la pace di Costanza. Questa formalmente stabilisce:

  • Che i Comuni possono continuare a godere delle regalie in cambio di imposte regolari
  • Che i Comuni debbano giurare fedeltà all’imperatore
  • Che i magistrati scelti dai Comuni debbano essere convalidati dall’imperatore

All’atto pratico, con il tempo le clausole della pace non vengono effettivamente rispettate e i Comuni finiscono per ottenere una piena libertà ed una piena autonomia dalla figura imperiale.

La vita interna ai Comuni si rivela però densa di tensioni sociali. La società comunale si divide infatti in quattro blocchi sociali:

  • I magnati = i nobili
  • Il Popolo grasso = gli esponenti dell’alta borghesia, dai professionisti dediti alle attività più redditizie (notai, banchieri, mercanti, ecc…) riuniti nelle Arti maggiori
  • Il Popolo minuto = gli esponenti della piccola borghesia e artigiani dediti al commercio locale (fabbri, calzolai, macellai, ecc…) riuniti nelle Arti minori
  • Il Popolo magro = coloro che non hanno un’attività indipendente, lavorano a salario e non hanno alcuna rappresentanza politica in città

Fra questi blocchi si instaura una tensione che sfocia in costanti lotte intestine.

Inizialmente gli scontri riguardano le faide interne al mondo della nobiltà che nella prima fase detiene il controllo comunale.

Per cercare di limitare i danni provocati da questi conflitti, nei Comuni si passa dalla fase comunale a quella podestarile. Questo significa che viene eliminata la figura del console e al suo posto viene scelto un podestà.

Il podestà è un magistrato in carica per un tempo limitato che, a differenza dei consoli:

  • Governa da solo
  • Viene scelto fuori dal Comune

Nonostante i podestà, la conflittualità rimane però accesa. In particolare emerge un nuovo motivo di scontro, che vede contrapporsi i nobili da un lato e il Popolo (in particolare quello grasso) dall’altro.

Nella seconda metà del XIII secolo in molti casi i rappresentanti del Popolo grasso riescono a prendere il controllo del Comune e si passa così dal governo del Podestà al governo capitano del Popolo. Accanto al capitano del Popolo prendono forma consigli in cui hanno rappresentanza gli esponenti delle Arti.

Nasce così il Comune di Popolo, ma occorre stare attenti al significato di questo termine: la gran parte della popolazione rimane infatti esclusa da ruoli politici, a prendere il potere e guidare i Comuni sono infatti i rappresentanti delle Arti, in particolare quelle maggiori, quindi l’alta borghesia.

Su queste tensioni si sovrappone un’altra divisione, quella fra guelfi e ghibellini, durante l’età di Federico II. I primi rappresentano le forze filopapali, i secondi quelle filoimperiali. Le forze ghibelline vengono definitivamente sconfitte in seguito fra la battaglia di Benevento del 1266, in cui Carlo d’Angiò sconfigge Manfredi, figlio di Federico II e suo erede nel regno di Sicilia, e quella di Tagliacozzo (1268) in cui d’Angiò elimina un altro erede di Federico, Corradino.

In ogni caso la divisione fra ghibellini e guelfi è spesso una divisione strumentale che non è legata tanto alla vicinanza al papa o all’imperatore, quanto alle rivalità interne ai Comuni. Per questo motivo, nonostante la sconfitta ghibellina, la tensione sociale rimane elevata.

Nel Trecento inizia così a diffondersi un nuovo sistema di potere con cui si pone fine alla storia comunale: la signoria.

La nascita della signoria è la conseguenza delle lotte intestine ai Comuni e all’emergere di figure in grado di assumere tutto il potere e ristabilire la pace. Queste figure provengono dalle più influenti famiglie cittadine che riescono ad ottenere una investitura formale da parte delle assemblee comunali.

Questi titoli signorili diventano poi ereditari, per cui all’interno delle città nascono vere signorie. Le istituzioni comunali vengono formalmente mantenute in vita, ma il potere è nella sostanza assunto dal signore che agisce come un sovrano.

Queste signorie, inoltre, si spingono sempre di più fuori dai confini cittadini, conquistando i comuni circostanti o inserendoli nelle loro orbite. Nel farlo sciolgono le milizie cittadine, che fino a quel momento erano state le protagoniste delle lotte politiche, e le sostituiscono con le compagnie di ventura, ovvero bande di mercenari.

In alcuni casi alcuni signori ottengono da figure come l’imperatore o il papa un titolo nobiliare, per cui diverse signorie si trasformano nel corso del Quattrocento in principati. Alcuni esempi sono la famiglia Visconti di Milano, quella Gonzaga di Mantova, o i Savoia piemontesi. In altri casi questa trasformazione non avviene, o in realtà come Venezia in cui governa una solida oligarchia aristocratica, o in altri come Firenze, in cui il potere è detenuto da una famiglia (i Medici) ma le istituzioni comunali rimangono formalmente funzionanti.

In generale le corti di queste signorie diventano nel corso del Quattrocento e del Cinquecento il centro della cultura umanista e rinascimentale, grazie all’opera di mecenatismo intrapresa dalle grandi famiglie, che reinvestono le loro ricchezze in un’opera di propaganda attraverso gli artisti più famosi del tempo.

3. Il Regno di Sicilia

Lo sviluppo di un movimento comunale è bloccato nell’Italia meridionale dalla nascita di un importante regno creato dai normanni.

Agli inizi dell’XI secolo l’Italia meridionale continentale è divisa in una serie di ducati di origine longobarda, città autonome, territori bizantini, mentre la Sicilia è occupata dai musulmani.

Sfruttando questa divisione, a partire dalla prima metà del secolo i normanni, sotto la guida della famiglia d’Altavilla, iniziano un’opera di conquista.

La loro azione è inizialmente ostacolata dal papa che organizza una coalizione antinormanna. Questa è sconfitta nel 1053 nella battaglia di Civitate, in seguito alla quale si arriva ad un accordo fra il papa e gli Altavilla: questi si dichiarano vassalli del papa, in cambio ricevono il suo appoggio per la conquista del Sud e il riconoscimento del titolo nobiliare. Questo accordo è siglato a Melfi nel 1059.

Mentre procede la conquista della parte continentale della penisola, un corpo di spedizione normanno sbarca in Sicilia dove dà avvio alla occupazione delle posizioni musulmane. Alla fine dell’XI secolo la conquista di tutto il Sud Italia da parte normanna è ormai conclusa.

Nel 1130 Ruggero II d’Altavilla riunisce tutti questi territori e viene incoronato re dal papa, a Palermo, che diventa il cuore del regno di Sicilia.

Con la creazione del regno di Sicilia anche nel Sud Italia gli Altavilla estendono l’utilizzo del sistema di potere feudale, concedendo le terre in feudo ai cavalieri normanni.

Alla fine del secolo viene combinato un accordo matrimoniale che unisce Enrico VI di Svevia (figlio di Federico Barbarossa) e Costanza d’Altavilla, ultima erede della dinastia normanna.

Dalla loro unione nasce Federico, che nel 1208 è incoronato re di Sicilia, grazie all’appoggio del papa che Costanza, prima di morire, aveva nominato tutore del figlio.

Federico, che stabilisce la sua corte a Palermo, dà avvio ad una grande opera di modernizzazione del regno:

  • Avvia una centralizzazione del potere nelle mani del monarca abbattendo i castelli illegalmente costruiti dai signori feudali
  • Vara nel 1231 le Costituzioni di Melfi, una serie di leggi che sono valide per tutte il regno regolando il diritto pubblico, feudale, amministrativo e tributario
  • Dà un forte impulso alla vita culturale creando l’Università di Napoli (nel 1224, la prima università ad essere creata da una istituzione statale) e favorendo lo sviluppo di un movimento letterario, la Scuola siciliana, noto per il suo utilizzo del volgare siciliano

Queste novità, così come in generale l’azione imperiale di Federico, portano alla creazione di un vasto fronte nemico, in cui si ritrovano insieme il pontefice e i baroni del regno, che danno vita ad una opposizione armata a Federico.

Dopo la morte improvvisa di questi nel 1250, la sua eredità è raccolta nel 1254 dal figlio naturale, Manfredi, che cerca di mantenere il potere nel regno e dare forza alle posizioni dei ghibellini in Italia. La sua posizione viene così contrastata dal papa, che chiede l’intervento del fratello del re di Francia, Carlo d’Angiò: questi scende in Italia, sconfigge nel 1266 le truppe di Manfredi a Benevento e conquista il regno.

Dopo la fase sveva inizia così il periodo angioino del regno di Sicilia. La politica angioina, incentrata su una forte tassazione e sul trasferimento della corte a Napoli, suscita la reazione dei siciliani, che nel 1282 insorgono (rivolta dei Vespri siciliani).

Per liberarsi da Carlo d’Angiò, i siciliani chiamano in soccorso il re di Aragona, Pietro III, imparentato con gli svevi.

Inizia così una lotta fra aragonesi e angioini per il controllo del regno di Sicilia. Nel 1302 il regno viene diviso in due con la pace di Caltabellota: la Sicilia entra nei possedimenti aragonesi (a cui verrà presto aggiunta anche la Sardegna), mentre quello che assume il nome di regno di Napoli rimane angioino.

In queste realtà, a differenza del Nord, in mancanza di un movimento comunale non si sviluppa la borghesia, mentre rimane forte il potere dei signori feudali che solo Federico aveva provato a limitare.

Nel Quattrocento si assiste ad un nuovo cambiamento politico. Nel 1435 muore senza eredi diretti Giovanna II d’Angiò. Dal momento che il primo pretendente al trono è il re d’Aragona Alfonso V, si scatena una guerra in cui le maggiori potenze italiane (Milano, Firenze, Chiesa) cercano di opporsi alla sua ascesa al trono napoletano.

Nonostante questo vasto fronte, Alfonso riesce a far valere i suoi diritti e nel 1442 unifica Napoli ai suoi possedimenti. Sotto il suo regno Napoli diventa una delle capitali italiane dell’Umanesimo.

Alla sua morte i possedimenti aragonesi in Italia vengono divisi. Il fratello di Alfonso – Giovanni – diventa re di Aragona e ottiene la Sardegna e la Sicilia. Il figlio di Alfonso, Ferdinando, ottiene invece il regno di Napoli.

4. La pace di Lodi

Nel corso del Quattrocento sparisce la maggior parte delle piccole realtà comunali e la penisola si divide fra una serie di stati regionali.

I principali di questi stati regionali sono:

  • Il ducato di Milano à che dal 1450 passa alla famiglia Sforza
  • Venezia à è formalmente una Repubblica, ma governata da una ristretta oligarchia che elegge al suo vertice il doge. Venezia è una delle principali forze marittime in Europa e in Italia estende il suo dominio sulla terraferma, negli attuali Veneto e Friuli
  • Firenze à è formalmente una repubblica, alla cui guida si pone una importante famiglia di banchieri, quella dei Medici che occupa i vari organi di governo. È nella corte dei Medici che si sviluppa il cuore dell’Umanesimo italiano
  • La Chiesa à avvia un’opera di rafforzamento e di miglioramento dell’amministrazione dei territori dello stato pontificio una volta finite le crisi legate alla cattività avignonese e allo scisma d’Occidente.
  • Il Regno di Napoli à che come abbiamo visto entra nell’orbita aragonese nel Quattrocento

Questi stati regionali sono in costante competizione e conflitto fra di loro. Dopo la guerra per la successione napoletana, segue un ampio scontro per la successione dei Visconti.

Al termine della guerra per il controllo di Milano, i maggiori stati regionali firmano la pace di Lodi nel 1454. Questa pace è accompagnata da un patto per mantenere l’equilibrio fra questi stati.

Questo accordo è sostanzialmente rispettato fino al 1494, permettendo una prosperità dei vari stati italiani. Fra le maggiori figure che si spendono per la riuscita dell’equilibrio vi è Lorenzo de’ Medici, che dal 1469 assume la guida di Firenze.

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