La fine della prima guerra mondiale e i trattati di pace: le conseguenze della Grande Guerra

Nel novembre 1918 la Grande Guerra finisce, lasciando macerie e profonde ferite sul continente europeo. Le potenze vincitrici si riuniscono a Parigi per discutere del nuovo assetto postbellico. La conferenza si prolunga dal gennaio 1919 al gennaio 1920. A partire dalle discussioni svolte a Parigi vengono poi firmati gli accordi di pace con le potenze sconfitte. O ancora meglio: vengono imposti i trattati di pace ai vinti.

I trattati di pace sono stabiliti fra il 1919 e il 1920:

-Versailles con la Germania

-Saint-Germain con l’Austria

-Neuillycon la Bulgaria

-Trianon con l’Ungheria

-Sèvres con l’Impero Ottomano (poi sostituito dal trattato di Losanna del 1923)

Le diverse prospettive del dopoguerra

Quando si apre la conferenza di Parigi, le prospettive nella costruzione della pace appaiono particolarmente complesse, perché diversi sono gli obiettivi che i cosiddetti quattro grandi (Wilson per gli Stati Uniti, Clemenceau per la Francia, Lloyd-George per il Regno Uniti, Orlando per l’Italia) si pongono per il dopoguerra.

Dal lato statunitense, l’ideologia wilsoniana è quella di costruire una “pace giusta” e un mondo post-bellico fondato sull’interdipendenza economica e sull’autodeterminazione dei popoli, ovvero sul riconoscimento dell’indipendenza delle nazionalità sottoposte agli imperi. Wilson chiede poi la fondazione di una società sovranazionale per garantire la pace. La posizione di Wilson è la più forte, perché gli Stati Uniti sono risultati decisivi per la vittoria della guerra. Ma:

-la Francia vuole imporre una pace punitiva alla Germania

-la stessa Francia e il Regno Unito sono ostili ad applicare il principio di autodeterminazione al mondo delle colonie

-l’Italia, invece, vuole vedersi riconosciute le promesse del patto di Londra, ovvero il riconoscimento di territori anche abitati da popolazioni non italiane.

Da questi quattro punti di vista molto diversi, e senza ascoltare minimamente le esigenze degli sconfitti, si arriverà a costruire una pace che, come si vedrà, poggerà su basi molto fragili.

La pace imposta alla Germania

Per quanto riguarda la Germania, la pace imposta è durissima e punitiva: l’ex impero viene infatti ritenuto il responsabile principale del conflitto mondiale. Alla Germania vengono dunque imposti:

-la perdita dell’Alsazia e della Lorena a favore della Francia

-la perdita del cosiddetto corridoio di Danzica a vantaggio della neonata Polonia, che porterà il territorio tedesco a essere diviso in due parti

-la smilitarizzazione totale del confine segnato dal fiume Reno

-la perdita dei territori conquistati alla Russia durante la guerra, come le repubbliche baltiche

-la riduzione dell’esercito a un massimo di 100mila uomini

-la perdita di tutte le colonie, che saranno spartite fra i vincitori

-l’imposizione di riparazione belliche calcolate in 132 miliardi di marchi d’oro, una cifra enorme per l’epoca

Lo smembramento dell’impero austro-ungarico

Dalla dissoluzione dell’impero austro-ungarico e dal ridimensionamento della Bulgaria abbiamo:

-la creazione di una nazione austriaca e di una ungherese

-la formazione della Cecoslovacchia, stato che unisce sostanzialmente tre etnie: boemi, slovacchi, Sùdeti

-la nascita di un regno slavo che più avanti prenderà il nome di Jugoslavia, che unisce la Serbia, la Croazia, la Slovenia, la Bosnia, il Montenegro

-un ampliamento della Romania, che ingloba al suo interno popolazioni ungheresi, tedesche, bulgare, ucraine

-la ricostituzione della Polonia che, oltre a incorporare il corridoio di Danzica – con la sua popolazione tedesca -, ottiene territori austriaci, ucraini e bielorussi

-un’estensione dei confini italiani, con l’Italia che ottiene: il Trentino, l’Alto Adige, il Venezia-Giulia compresa l’Istria

La fine dell’impero ottomano e il nodo mediorientale

Profonde sono le conseguenze sull’impero ottomano. Alla fine del Settecento l’impero Ottomano si estende in Africa Settentrionale e nell’area Balcanica, ma alla vigilia della guerra è ormai ridotto a due nuclei territoriali:

-la penisola anatolica, sostanzialmente corrispondente all’attuale Turchia

-la costa occidentale della penisola arabica fino alla Mesopotamia

Per quanto riguarda la parte anatolica, i trattati di Sèvres smembrano totalmente il territorio, prevedendo:

-la forte riduzione dei confini dell’impero ottomano, ridotto a controllare circa la metà della penisola

-l’occupazione degli stretti da parte di una società internazionale

-aree di controllo nelle mani di greci, italiani e francesi

-la previsione di uno stato curdo, consistente minoranza etnica sempre più in contrasto con i turchi

-la nascita di una nazione armena

Le conseguenze di questi accordi sono molteplici.

In Turchia si sviluppa una opposizione aperta agli accordi. A guidare l’opposizione è Mustafa Kemàl, leader dei Giovani Turchi, una fazione nazionalista che aveva assunto la guida del governo dell’impero a partire dal 1908 e che si rifiuta di sottostare ai trattati di pace. Se Kemal considera da un lato inevitabilmente persi i territori in Medio Oriente, dall’altro il suo obiettivo dichiarato è riprendere il pieno controllo della penisola anatolica. Per questo:

-nel maggio ’19 scatena una guerra contro i greci per espellerli dalla penisola. La guerra si concluderà con una vittoria nel 1922, producendo nel frattempo drammatiche violenze contro i civili e un sanguinoso esodo per le comunità turche che vivevano in Grecia e per quelle greche che vivevano in Turchia

-nel frattempo, a partire dall’ottobre ’20, Kemal guida le sue truppe a occupare i territori in cui sarebbero dovuti sorgere lo stato armeno e lo stato curdo

Al termine di questi conflitti abbiamo due conseguenze:

la prima è che Kemal abolisce il sultanato, quindi finisce la storia secolare dell’impero ottomano e nasce la Repubblica turca. La seconda è che il trattato di Sèvres viene sostituito da quello di Losanna, nel 1923, con cui la Turchia viene riconosciuta come stato indipendente, con un territorio che si estende in tutta la penisola anatolica.

Spostiamoci ora nell’altra area dell’ex impero ottomano, il Medio Oriente. Il trattato di Sèvres prevede la spartizione dell’area fra Francia e Regno Unito: alla Francia vanno i territori corrispondenti all’attuale Siria e Libano; al regno Unito i territori della Mesopotamia – l’attuale Iraq – della Palestina e della Transgiordania – ovvero gli attuali Israele e Giordania.

Questa spartizione dà vita a una situazione molto complessa perché, durante la guerra, Francia e Inghilterra avevano fomentato le rivolte della popolazione araba contro gli Ottomani, promettendo l’indipendenza nel dopoguerra e favorendo così la crescita del nazionalismo arabo. Ma questa promessa manteneva un inganno perché Francia e Inghilterra avevano già un accordo per spartirsi l’area nel dopoguerra: l’accordo segreto Sykes-Picot nel maggio 1916.

L’unico ostacolo alla spartizione è rappresentato da Wilson, che è ostile alla creazione di nuove colonie. Per questo motivo viene creato un nuovo istituto, chiamato mandato. Per mandato si intende l’amministrazione temporanea affidata a una grande potenza per governare un territorio che non si ritiene ancora pronto a governarsi da sé: sostanzialmente si tratta di una forma di colonialismo mascherato.

Questa scelta provocherà lo scoppio di una serie di rivolte in tutta l’area medio-orientale e produrrà la nascita di un profondo sentimento anti-occidentale.

La società delle nazioni

I mandati a cui accennavamo sono gestiti dalla Società delle Nazioni, organismo fortemente voluto da Wilson e che viene effettivamente costituita nel 1919. La Società delle Nazioni rappresenta, nel pensiero wilsoniano, lo strumento che deve garantire il futuro assetto internazionale, ma nascerà con profonde storture che finiranno per renderla inadeguata allo scopo.

Innanzitutto dalla Società vengono escluse la Russia – dove nel corso della guerra si è insediato un governo comunista non riconosciuto dalle potenze occidentali – e la Germania – che dopo il conflitto mondiale viene esclusa da ogni forma di diplomazia.

A queste gravi mancanze si va ad aggiungere poi la più pesante, ovvero quella degli stessi Stati Uniti. Wilson infatti è il grande promotore della Società, ma l’adesione degli Stati Uniti è bocciata dal Senato. La bocciatura è la conseguenza del dilagare, nell’opinione pubblica, di un forte sentimento di ostilità a qualunque futuro coinvolgimento degli Stati Uniti nelle vicende europee: non a caso, finita la presidenza di Wilson nel 1920, la cui politica si era fondata sulla necessità di creare una forte integrazione internazionale, si apre una lunga stagione in cui la politica estera americana è guidata dalla scelta dell’isolazionismo rispetto alle questioni europee.

L’eredità della Grande Guerra

Dopo questa panoramica sui vari trattati di pace, andiamo a chiudere facendo un’analisi di quelle che sono le conseguenze profonde prodotte dalla Grande Guerra e dal modo in cui essa si è conclusa.

  1. La fine dell’eurocentrismo, ovvero della superiorità economica, militare, politica delle potenze europee sulla scena globale
  2. La fine dei grandi imperi con la nascita di una cartina completamente rinnovata. Se l’idea di fondo è quella di dare una nazione a ogni popolazione, sono forse più i problemi che si aprono che quelli che si chiudono perché: smantellati gli imperi si dà vita a nazioni che spesso non hanno un impianto economico e produttivo stabile; le nuove nazioni che nascono nell’Europa Orientale sono decisamente multietniche, il che continuerà a rappresentare un forte problema alla coesione interna. Dentro allo stravolgimento della cartina politica bisogna poi anche considerare quanto accade nel Medio-Oriente, che è all’origine di nodi ancora oggi irrisolti
  3. Un terzo tema riguarda la Germania, che subisce una punizione tale da creare gravi problemi economici e un risentimento profondo. Tutto questo genererà una situazione di costante instabilità politica da cui si uscirà solo con l’ascesa del nazismo
  4. Le conseguenze della Guerra sono profonde anche in Italia. Da un lato si genera un forte malcontento per l’esito del conflitto, e un risentimento verso le potenze alleate che porterà a parlare di “vittoria mutilata”: l’Italia chiedeva infatti, oltre a quanto le era stato accordato dallo scioglimento dell’impero austriaco: 1) la città istriana di Fiume, abitata per lo più da popolazione di lingua italiana 2) il rispetto totale del patto di Londra, compresi il controllo della Dalmazia – che invece sarebbe finita sulla base del principio di nazionalità al nuovo regno slavo -, di una parte dell’Albania e il riconoscimento di una qualche colonia.
  5. Una quinta conseguenza è lo sviluppo dei movimenti anticoloniali, che sostanzialmente non esistevano prima della Grande Guerra, e che invece ora inizieranno a mettere in seria discussione l’esistenza dei grandi imperi
  6. Una sesta conseguenza è che la Grande Guerra mette in moto il meccanismo che porterà alla rivoluzione russa  nel 1917 e al primo regime comunista della storia, che nel dopoguerra prenderà la forma dell’Unione Sovietica
  7. Un’ultima, importantissima, conseguenza, è l’impatto drastico della guerra sugli aspetti sociali. Il conflitto accelera infatti quel processo di trasformazione che era già in atto con la Seconda rivoluzione industriale: dal dopoguerra si comincia a parlare definitivamente di Società di massa, per indicare il fatto che da questo momento in poi le masse trovano delle loro identità, diventando protagoniste della vita politica, sociale ed economica delle realtà nazionali. L’affermazione della società di massa si tradurrà fra gli anni Venti e trenta nella comparsa di regimi totalitari di massa, primo fra tutti il fascismo italiano.

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