Come abbiamo visto nel post precedente, la Russia non solo è impegnata dal 1914 nella Grande Guerra, ma dal ’18 al ’20 soffre anche una guerra civile e affronta un conflitto con la Polonia.
Il prolungato stato di guerra lascia un costo enorme da sopportare, innanzitutto in termini economici e produttivi. Lenin giunge al potere in una situazione in cui il Paese è già al lastrico, devastato dalla Grande Guerra. La guerra civile prima e la guerra con la Polonia poi, non fanno che aggravare una situazione già disperata.
Per riuscire a permettere all’armata rossa di fronteggiare i nemici, il governo bolscevico ricorre a misure straordinarie:
- Viene organizzata la requisizione di risorse come il grano dai cosiddetti kulaki, ovvero i proprietari agricoli a capo di proprietà di medie dimensioni
- Viene forzata la creazione di fattorie collettive – ovvero gestite da comunità di contadini – o fattorie sovietiche – ovvero gestite direttamente dallo Stato
- Vengono nazionalizzati i settori industriali più importanti e viene imposta una gestione autoritaria della produzione
L’insieme di queste misure viene definito col termine di “comunismo di guerra”, a indicare una serie di misure assunte in tempi straordinari.
Se l’adozione di questi strumenti riesce a garantire un certo approvvigionamento delle città e dell’esercito, si diffondono:
- La pratica della “borsa nera”
- Il malcontento dei ceti contadini
- Il malcontento dei ceti operai per la militarizzazione imposta alla vita in fabbrica
- A tutto questo occorre poi aggiungere che nell’estate del 1921 una terribile carestia, provocata dal combinato disposto fra guerra civile e una devastante siccità, che provoca la morte di almeno tre milioni di persone
La situazione del paese, e con essa del regime bolscevico, appare dunque al collasso. Ma passata l’emergenza bellica, Lenin decide di dare una svolta alla produzione economica, dando avvio dal 1921 a una stagione economica nota come Nep, ovvero: nuova politica economica.
Con la Nep si assiste alla fine del comunismo di guerra e all’introduzione di forme di parziale liberalizzazione dell’economia:
-ai contadini viene imposto di continuare a fornire allo stato una quota della propria produzione, ma viene concesso di vendere la parte della produzione in eccesso
-viene poi reintrodotta la libertà di mercato per quanto riguarda la piccola industria e il piccolo commercio, mentre viene invece mantenuto il controllo statale della grande produzione industriale