Nel 1922 Mussolini, in seguito alla marcia su Roma, viene nominato da Vittorio Emanuele III presidente del Consiglio.
Il suo primo governo rimane in carica dal 1922 al 1924.
Durante questa fase non si può ancora parlare di piena dittatura, sebbene compaiano forti segnali di una svolta autoritaria:
1) Alla fine del 1922 viene istituito il Gran Consiglio del Fascismo = organismo di raccordo fra il partito fascista e il governo
2) Nel gennaio 1923 le squadre d’azione fasciste vengono istituzionalizzate con la creazione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale
3) Le violenze nei confronti dei gruppi politici e sindacali di opposizione aumentano in maniera esponenziale
Ciò nonostante l’impianto della dittatura è ancora lontano dal compiersi, in quanto:
1) Mussolini è a capo di un governo di coalizione, in cui accanto ai ministri fascisti vi sono esponenti liberali e popolari
2) Il Parlamento vede solo una componente minoritaria di deputati del Partito Nazionale Fascista
La svolta in questo senso comincia a essere preparata con il varo di una nuova legge elettorale nel 1923, la legge Acerbo. Questa prevede l’assegnazione di un forte premio di maggioranza alla prima lista (il 66% dei seggi alla prima lista che supera il 25% dei voti): lo scopo di Mussolini, molto evidente, è quello di ottenere una schiacciante maggioranza che gli permetta di controllare pienamente il Parlamento riducendo le opposizioni ad una risicata minoranza.
Il calcolo di Mussolini si rivela pienamente funzionale. Nell’aprile del 1924 le Liste nazionali (liste elettorali dei fascisti in cui vengono inseriti anche alcuni candidati liberali) ottengono, in un clima di intimidazioni e violenze, il 65% dei voti, che si tradurranno nell’occupazione dei tre quarti dei seggi disponibili.
Il delitto Matteotti e le leggi fascistissime
Nonostante la schiacciante vittoria e l’acquisizione di un pieno controllo sulla Camera, dopo le elezioni il regime di Mussolini sembra sul punto di crollare, con lo scoppio del caso Matteotti.
Il tutto ha inizio il 30 maggio 1924 quando alla Camera il deputato socialista Giacomo Matteotti denuncia le violenze e i brogli elettorali. In seguito al suo discorso, Matteotti viene rapito da un gruppo di sicari legati al Partito fascista e ucciso.
Il caso crea un enorme clamore nel Paese che viene attraversato da una forte ondata di indignazione nei confronti di Mussolini.
Le forze di opposizione cercano di cavalcare queste proteste con un’azione simbolica, la cosiddetta secessione dell’Aventino, ovvero l’abbandono dei lavori parlamentari. Un’azione di valore ideale ma non in grado di ottenere effetti pratici.
Nel corso delle settimane successive infatti l’ondata di indignazione comincia a rifluire e l’organizzazione fascista torna a riprendere il controllo dell’ordine pubblico.
A chiudere la crisi innescata dal delitto Matteotti è lo stesso Mussolini che, in un celebre discorso alla Camera il 3 gennaio 1925, si assume: “la responsabilità politica, morale, storica di quanto avvenuto”.
A partire da questo momento la costruzione della dittatura procede in maniera inesorabile, grazie a una serie di leggi varate fra il 1925 e il 1926 che prenderanno il nome di leggi fascistissime:
1) rafforzamento dei poteri del capo del governo
2) abolizione del diritto di sciopero e soppressione dei sindacati non fascisti
3) scioglimento dei partiti di opposizione
4) abolizione della libera stampa
5) reintroduzione della pena di morte e introduzione del Tribunale speciale per la difesa dello Stato
6) soppressione dei sindaci e dei consigli comunali e introduzione della figura del podestà
Alle leggi fascistissime occorre poi aggiungere due interventi del 1928 che servono a completare il progetto dittatoriale:
1) La legge elettorale che introduce il sistema della lista unica
2) La trasformazione del Gran Consiglio del Fascismo in organo di stato
La repressione dell’antifascismo
In questo clima di rapido passaggio alla dittatura procede in maniera brutale la persecuzione delle forze di opposizione. Gli strumenti più utilizzati in questa opera di repressione sono:
1) L’Ovra (Opera volontaria di repressione antifascista) = polizia politica del regime
2) Il confino politico = una misura di confinamento degli oppositori politici.
L’ondata repressiva rende impossibile ogni forma pubblica di attività antifascista e gli oppositori rimasti in Italia sono costretti a una dura e pericolosa clandestinità. Molti di questi trascorrono gli anni del regime in carcere o al confino. Diversi altri invece finiscono per trovare la morte sotto la repressione fascista. Fra i casi più noti:
-Nel 1926 muoiono in esilio due importanti esponenti liberali Pietro Gobetti e Giovanni Amendola, entrambi in fuga dopo essere stati colpite dalle violenze squadriste
-Nello stesso 1926 viene arrestato il leader comunista Antonio Gramsci, che morirà in carcere nel 1937
-Nello stesso 1937 viene ucciso in Francia Carlo Rosselli, fondatore nel 1929 del gruppo Giustizia e libertà, di ispirazione social-liberale, insieme al fratello Nello
In questo quadro, un caso particolare è rappresentato dal filosofo liberale Benedetto Croce che, pur redigendo nel 1925 un Manifesto degli intellettuali dell’antifascismo, riesce a continuare a svolgere la sua attività in Italia protetto dal forte prestigio internazionale di cui gode.
Il regime totalitario
Se le leggi fascistissime servono a trasformare l’Italia in una dittatura, il progetto di Mussolini è più ampio, in quanto lo scopo è mettere in piedi un regime totalitario, in grado di riplasmare la società italiana nell’ideologia fascista.
A partire da questi presupposti vengono avviati una serie di interventi che hanno come scopo da un lato quello di estendere il consenso nei confronti del regime, dall’altro quello di modificare in profondità i caratteri economici, sociali e ideologici della società italiana per arrivare a creare “l’uomo nuovo” in grado di rigenerare lo spirito combattente della nazione e di esaltare il mito della patria.
Gli strumenti messi in atto da questo punto di vista sono molteplici e indirizzati principalmente a:
1) controllare i comportamenti collettivi
2) controllare l’apparato educativo
3) produrre consenso attraverso l’impiego massiccio della propaganda
4) creazione di un sistema di politiche sociali e assistenziali
5) inculcare l’ideale della superiorità razziale
Andiamo a vedere gli interventi più significativi.
1) Culto della persona di Mussolini e propaganda = indicato come guida e “duce” della nazione, Mussolini è il soggetto principale della macchina propagandista. La nazione si riempie di ritratti e busti del duce, le sue azioni vengono esaltate costantemente dai cinegiornali e dalla stampa, i suoi discorsi vengono seguiti da folle mobilitate all’occorrenza e trasmessi via radio all’intero Paese.
Il culto della persona di Mussolini è il vertice di una macchina propagandistica che viene rafforzata nel tempo. I punti principali di questo sistema sono: controllo della carta stampata, attuato in particolare a partire dalle leggi fascistissime; controllo delle trasmissioni radiofoniche con la creazione nel 1927 dello Eiar (Ente italiano per le audizioni radiofoniche); forti sovvenzioni al mondo della cinematografia che portano fra l’alto al sostegno per la creazione degli studi di Cinecittà; utilizzo dei cinegiornali, prodotti dall’ente statale Istituto Luce. Nel 1937 tutta la macchina propagandistica viene assorbita dal controllo del Ministero per la cultura popolare (noto come Miniculpop).
Un aspetto importante da sottolineare è che il cuore di questo sistema non sta solo nella trasmissione di notizie e immagini direttamente riferibili a Mussolini o agli eventi del regime, ma anche nella diffusione di canzonette popolari, servizi sportivi, sceneggiati radiofonici, programmi di varietà, che formeranno una certa mentalità diffusa, una cultura di massa di stampo piccolo borghese che continuerà a svilupparsi in maniera esponenziale nel dopoguerra
2) La politica urbanistica = uno dei capisaldi del sistema di autorappresentazione del regime è rappresentato dagli interventi architettonici e urbanistici, volti a favorire la promozione dell’immagine di un paese moderno. Alla fine l’architettura fascista si muoverà fra innovazione – con il richiamo a linguaggi tipici del razionalismo – e tradizione – fondata sulla monumentalità e il richiamo all’esaltazione delle radici romane. Fra gli interventi più rappresentativi è il progetto dell’Eur a Roma, che avrebbe dovuto ospitare l’Esposizione universale del 1942, e al cui interno vengono costruiti monumenti come il palazzo della Civiltà italiana, un condensato del linguaggio dell’architettura fascista
3) Organizzazioni di massa collaterali al partito = se il partito è l’organizzazione principale attraverso cui passa l’organizzazione della vita sociale, attorno ad esso vengono create tutta una serie di strutture parallele che hanno come scopo quello di organizzare il tempo libero delle masse secondo modelli uniformi. Queste organizzazioni sono strutturate in base alla tipologia di attività e suddividono la popolazione o per genere o per fascia d’età. Fra di essere ritroviamo: l’Opera nazionale dopolavoro = organizza il tempo libero dei lavoratori; Comitato olimpico nazionale = gestisce le attività sportive; Fasci giovanili, Gruppi universitari fascisti, Opera nazionale Balilla = una serie di organizzazioni che controllano l’attività educativa nel tempo libero dei giovani, dall’infanzia all’università, con particolare attenzione all’attività fisica. Tutte queste organizzazioni nel 1937 vengono unificate nella Gioventù italiana del littorio
4) Strumenti per attuare una politica di sviluppo demografico = nell’idea di creare una grande nazione guerriera, il regime cerca di mettere in campo una serie di misure volte a sostenere la crescita della popolazione. Fra queste ritroviamo: aumento degli assegni famigliari; premi per le coppie più prolifiche; tasse sul celibato; disincentivi per il lavoro femminile e creazione di organizzazioni di massa femminili che hanno come obiettivo quello di valorizzare il senso della cura della famiglia (come i Fasci femminili, le piccole italiane, le giovani italiane, le massaie rurali). Queste politiche si riveleranno però fallimentari rispetto alle aspettative. Il fallimento è legato principalmente al trasferimento della popolazione verso la città, in un abbandono delle campagne che inutilmente il fascismo tenterà di limitare attraverso interventi legislativi
5) Controllo dell’educazione = questo aspetto emerge in maniera molto precoce. Già nel 1923 viene attuata una profonda riforma del sistema dell’istruzione, con l’introduzione della riforma Gentile. Questa è incentrata sul primato della formazione liceale umanistica e introduce alcuni elementi che servono a consolidare il rapporto fra il fascismo e il Vaticano, come l’obbligatorietà dell’ora di religione cattolica. In seguito al consolidamento della dittatura gli interventi in questo campo si moltiplicano: viene introdotto il testo unico nell’istruzione elementare; si procede alla fascistizzazione dei libri dell’istruzione secondaria ; nel 1931 viene imposto il giuramento di fedeltà al regime ai professori universitari. A questi interventi si accompagnano tutti quelli volti a ottenere il consenso degli esponenti culturali, come l’avvio dell’Enciclopedia italiana Treccani, la creazione dell’Accademia d’Italia e dell’Istituto di cultura fascista
6) Politiche sociali e assistenziali = in linea con quanto accade negli stessi anni in altri paesi, il regime fascista rafforza gli strumenti volti all’assistenza sociale. Fra questi ritroviamo la riorganizzazione del sistema previdenziale con la creazione nel 1933 dell’Istituto nazionale fascista per la previdenza sociale e la riorganizzazione nel 1935 dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
7) La politica razziale = in particolare negli anni Trenta si accentua la stretta nazionalista del regime che si tinge di forti accenti razziali. Una prima dimostrazione si ha con le leggi attuate nei confronti della popolazione etiope, conquistata con la guerra del 1935-36, volte a limitare i “contatti” fra bianchi e africani. A questo nucleo razzista dal 1938 si aggiunge la componente antisemita, con il varo delle leggi razziali nei confronti degli ebrei che attuano profonde discriminazioni nella vita civile della comunità ebraica, discriminazioni che trovano l’appiglio su motivazioni pseudoscientifiche di differenza razziale. La componente razzista del regime si accentua nel corso della seconda guerra mondiale, quando nei territori slavi occupati dall’Italia si accentuano le dure politiche discriminatorie nei confronti delle popolazioni locali.
Un totalitarismo imperfetto?
Un ultimo aspetto riguarda l’analisi della natura totalitaria del regime fascista, su cui gli storici si sono divisi.
Diversi storici hanno parlato di totalitarismo imperfetto, riferendosi al fascismo, evidenziando i limiti nell’attuazione del progetto mussoliniano. In particolare si è evidenziato che:
1) Il consenso nei confronti del regime è particolarmente diffuso, ma soprattutto fra i ceti della media e piccola borghesia, i più avvantaggiati dalle politiche sociali del fascismo. Eppure qui vi è una delle contraddizioni di fondo, in quanto la stessa classe sociale più fedele al regime è la stessa che conserva una mentalità che rifiuta lo spirito guerriero e militarista che Mussolini vorrebbe inculcare, tanto che a più riprese il capo del governo si lamenterà del persistere della forza della morale conformista tipica dei ceti borghesi
2) Le strutture sociali di fondo non vengono realmente intaccate dall’opera del regime e la creazione dell’uomo nuovo, della vocazione guerriera del Paese, può dirsi lontana dal compiersi, come dimostrerà pienamente la seconda guerra mondiale
3) La macchina amministrativa statale rimane in piedi, la sua funzione non viene sostanzialmente esautorata dal partito come ad esempio avviene nella Germania nazista. Alle origini di questa scelta vi è lo stesso Mussolini, il quale punta a togliere autonomia al partito per limitarne il potere
4) La Chiesa cattolica mantiene una presenza sociale diffusa nel Paese e tendenzialmente autonoma rispetto al regime fascista. Consapevole di questa forza, Mussolini si rende protagonista della firma dei Patti Lateranensi nel 1929. Se questo accordo aumenta il consenso della popolazione nei confronti di Mussolini, che viene visto come l’uomo in grado di riconciliare Stato e Vaticano dopo l’Unità d’Italia, i benefici di più lungo periodo vanno a favore della Chiesa che grazie a questi accordi riesce a mantenere un peso importante nella vita sociale nel Paese (basti pensare all’equiparazione fra matrimonio religioso e civile) e a tenere in piedi delle proprie autonome organizzazioni educative come l’Azione cattolica
5) La monarchia di Vittorio Emanuele III rimane in piedi. Sebbene per tutto il corso del ventennio fascista mantenga un ruolo politico quasi nullo, il re rimane la più alta autorità dello Stato e la sua capacità di rimanere un punto di riferimento alternativo a Mussolini emergerà nelle vicende che porteranno alla caduta del duce
Al di là di questi limiti, occorre comunque richiamare le parole dello storico del fascismo Emilio Gentile, il quale invece ha scritto: “il fascismo fu una manifestazione di modernismo politico che pretese di opporre alla modernità razionalistica, liberale e democratica, una propria modernità alternativa, nazionalista e totalitaria, fondata sulla militarizzazione e sulla sacralizzazione della politica e sulla totale subordinazione dell’individuo allo Stato”. Lo stesso Gentile, rifiutando la tesi del totalitarismo imperfetto, ha descritto il fascismo la via italiana al totalitarismo.